Max Pezzali: «I manager Cecchetto e Peroni? Ho chiuso, ora comando io. A San Siro la festa degli 883»

Il cantautore ha celebrato ieri (e stasera con la seconda data) i 30 anni di carriera: «Addio al sodalizio perché volevo avere maggior controllo sulla mia carriera»

Sabato 16 Luglio 2022 di Mattia Marzi
Max Pezzali: «I manager Cecchetto e Peroni? Ho chiuso, ora comando io. A San Siro la festa degli 883»

«A un certo punto è normale voler andare via di casa. C'è chi se ne va a 20 anni, chi a 30. E chi, come nel mio caso, lo fa a 54»: dall'altra parte del telefono Max Pezzali conferma la notizia relativa alla rottura con lo storico mentore Claudio Cecchetto e con il produttore e manager Pier Paolo Peroni, con i quali negli ultimi trent'anni ha composto una triade da 6 milioni di copie vendute e 22 dischi di platino vinti insieme. Prima di salire sul palco di San Siro, dove ieri sera ha celebrato tre decenni di hit davanti a 60 mila spettatori (altri 60 mila sono attesi stasera, per la seconda data), ritrovando peraltro accanto a sé il suo alter ego ai tempi degli 883, Mauro Repetto, il cantautore di Pavia spiega i motivi che hanno portato al clamoroso scioglimento di uno dei sodalizi più prolifici del pop italiano. «È stata una separazione consensuale», dice Pezzali.

L'ormai ex manager e produttore Peroni non la pensa come lei e parla di questioni legali. Ci sono gli avvocati di mezzo?

«Sì, come in tutte le separazioni.

Ognuno ha il proprio».

Lei non si sarà mica affidato a sua moglie Debora Pelamatti, laureata in legge?

«No. È avvocato societario. E lavorando nell'ufficio legale di Trenord ha già i suoi cavoli, come può immaginare. In questo momento la situazione, per quello che mi riguarda, è in mano all'avvocato Costa, di Bologna (lo stesso di Vasco Rossi, ndr). Valuteremo insieme».

Cosa ha detto a Cecchetto e Peroni?

«Che volevo avere un maggiore controllo sulla mia carriera, sia dal punto di vista creativo che gestionale».

Quando ha maturato questa decisione?

«Un mese fa. Gli ho spiegato come stavano le cose: Adesso voglio fare da solo».

Proprio alla vigilia dei due concerti forse più importanti della sua carriera?

«Vorrei che questi due show coincidessero con l'inizio di una nuova fase della mia carriera in cui, a differenza del passato, avrò un controllo più diretto dei vari aspetti».

Non l'hanno presa bene.

«È chiaro che uno ci rimanga male, ma si deve andare avanti».

E la grande famiglia allargata degli 883?

«Ognuno aveva la propria vita, in fondo».

"Credo di aver passato più tempo con lui che con mia moglie e i miei genitori, tra ristoranti, Autogrill, concerti", diceva Peroni, parlando di lei.

«Vero. Ma negli ultimi tempi le cose erano cambiate. C'era meno condivisione».

Di San Siro canta Max Cecchetto e Peroni sono stati ideatori: restano parte dello show, in qualche modo?

«No. Dello show fa parte chi sta sul palco e chi ha vissuto l'esperienza degli 883 in prima linea (Sydney Sibilia dirigerà per Sky una serie sulla storia del duo, ndr): io, Repetto, Paola & Chiara, che furono nostre coriste e si riuniscono per l'occasione».

Con Repetto la reunion si limita a San Siro?

«Chissà, ci rivedremo a settembre, butteremo giù qualche idea. Balla da Dio, come nel '93. Tra noi c'è ancora energia».

Cecchetto rivendica come sua l'idea degli schermi da far allestire nello stadio, sui quali far scorrere i testi delle canzoni, creando un vero e proprio karaoke.

«Ho rinunciato a quella trovata. Bastano le canzoni: Sei un mito, Gli anni, Come mai, Hanno ucciso l'Uomo Ragno, solo per citarne alcune. Sono state la colonna sonora degli Anni 90, forse l'ultimo decennio ottimista della storia recente, e oggi uniscono le generazioni».

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J-Ax, che ha voluto come ospite a San Siro, che c'entra con lei?

«Ci unisce una tamarraggine di fondo».

E siete stati entrambi sempre trattati male dagli snob. Oggi il mondo radical chic l'ha rivalutata?

«È un parolone. Per tanti sono un piacere inconfessabile. Però qualche intellettuale mi ha sdoganato in certi salotti. Il primo fu, in tempi non sospetti, Edmondo Berselli: riconobbe una dignità sociologica ai miei pezzi».

Sa che il critico Gianluigi Simonetti, esperto di Montale, ha dedicato un saggio alle canzoni degli 883?

«È l'ennesima soddisfazione. Chi ci criticava negli anni del boom veniva dalla stagione del grande cantautorato: non poteva essere entusiasta di quel mondo poco profondo e superficiale, attento solo agli amori e alle amicizie, alla provincia, cantato da noi. Eppure un verso come Tappetini nuovi, Arbre Magique è puro zeigeist: lo spirito del tempo di quegli anni».

Quanto è merito suo se dopo trent'anni è arrivato a radunare a San Siro 120 mila spettatori e quanto dei suoi ormai ex manager?

«Loro sono stati perfetti allenatori. Ma senza il materiale, le mie canzoni, tutto questo non sarebbe stato possibile. Oggi a 54 anni voglio sentirmi libero anche di potermi schiantare».

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Ultimo aggiornamento: 08:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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