Maurizio Costanzo morto a 84 anni, show e impegno nella sua tv salotto

Grande innovatore e straordinario talent scout, ha lanciato decine di personaggi. Nel 1993 scampò a un attentato mafioso a Roma. Emozione in tutto il Paese. Il ricordo di Mattarella

Venerdì 24 Febbraio 2023
Maurizio Costanzo morto, il re dei talk show aveva 84 anni: Domani camera ardente alle 10.30, lunedì i funerali

Un gatto sornione, anche se lui amava i cani soprattutto. Un giornalista con i controfiocchi. Una star. Un geniale esploratore di linguaggi. Non si deve a lui, a Maurizio Costanzo che ci ha lasciati a 84 anni anche se lo si pensava immortale, a questo amico della porta accanto del pubblico televisivo e dell’Italia che nonostante tutto si sente una famiglia, l’invenzione di una nuova forma di nazional-popolare? Sì, è proprio sua la tivvù in cui l’alto e il basso si contaminano e si sublimano, l’informazione e lo show si mescolano e si rafforzano, e questo ha prodotto un racconto - il marchio Costanzo - che Maurizio ha saputo narrare nei 22 anni e nelle quasi 4mila puntate, dal 1982, del suo show al Teatro Parioli ma anche prima e anche dopo. 

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LA CLINICA

Quando ieri è morto, questo giornalista curioso di tutto si trovava a Roma nella clinica Paideia, ed era lì per un intervento di routine dai primi di febbraio.

Aveva problemi cardiaci e soffriva di diabete. I funerali si terranno lunedì alla Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo e intanto nella sala della Protomoteca in Campidoglio oggi e domani ci sarà la camera ardente dalle 10.30. E la cerimonia dell’addio a un pezzo dell’immaginario e delle serate di noi tutti. È stato lui, sulle prime, il talk show. Lui il tono colloquiale come antitesi alla televisione urlata ma anche come superamento del modello tradizionale della Rai piuttosto rassicurante mentre Costanzo esplorava le tematiche sociali e le tragedie nazionali (come la mafia) e lanciava volti e storie in un set - tutta la variegata attività di Maurizio era un set - in cui parlano le persone, ci sono i personaggi che si scontrano o si amano, c’è lo specchio di ciò che siamo.

VIVERE

Per lui, lavorare significava vivere. Ora purtroppo s’è dovuto fermare Costanzo. A Domenica In disse: «Maria De Filippi sarà la donna che mi terrà la mano quando morirò». E così è andata. Doveva morire nell’attentato di via Fauro nel 1993, ma si salvò per tre secondi e per fortuna Totò Riina non ebbe la sua soddisfazione. «Ogni volta che ripenso a quel botto mi dico: ammazza che c... che ho avuto», diceva spesso Maurizio. 
Era nato il 28 agosto del 1938, mosse i primi passi da giornalista a Paese Sera nel 1956 ma «scrivo pezzi per giornali da quando ho nove anni» (ha raccontato). All’inizio della carriera, si firmava Maurice Costance. Aveva da subito nella testa la tivvù, ma prima debuttò nel mondo della radio come autore per Canzoni e Nuvole. E via così: dritto verso il piccolo schermo cioè il grande amore. 

Il primo talk show della tv italiana avrà proprio la sua firma con Bontà loro che va in onda su Rai1 dal 1976 al 1978. E qui è stato il primo a invitare i capi del partito comunista. Alla democristiana Tina Anselmi osò chiedere perché non si fosse mai sposata e si beccò una quindicina d’interpellanze parlamentari. A ogni ospite domandava: «Cosa c’è dietro l’angolo?». Giancarlo Pajetta rispose: «Un altro angolo». Giorgio Amendola, ingelosito, volle essere invitato anche lui. Alla prima puntata tra gli ospiti c’erano un bidello e una ex miss Italia che era stata espulsa dal concorso perché era stata fotografata con il seno di fuori. 

 

DIRETTORE

Alla fine degli anni ‘70 cominciò la collaborazione con la Rizzoli: prima diresse La Domenica del Corriere, poi fondò l’Occhio «quotidiano popolare» con scarse vendite e diresse il primo Tg non Rai che è stato Contatto (della rizzoliana Prima Rete Indipendente). E tivvù ancora tivvù: Acquario, Grand’Italia e poi Rete 4 e avanti fino a Buona domenica e in mezzo tanto altro. Fino a pochi anni fa, non c’era rete televisiva e radiofonica in cui mancava la voce inconfondibile, tra lo strascicato e lo sdrammatizzante, di Costanzo. Per non dire della sua penna nella rubrica Diario sul Messaggero, a cui teneva infinitamente: «Oggi mi hai letto? Ah, no? Vabbè, domani ritenta». 

IL GIOIELLO

È nel 1982 che nasce la sua creatura più importante: il Maurizio Costanzo Show. Un set che diventa il palco d’Italia o di una certa idea d’Italia: progressista ma nazional-popolare, leggera ma impegnata, con suoni e pensieri, con un’umanità fatta di tipi mai visti prima di artisti capaci o meno, simpatici o no, ma grazie ai quali (le prime storie di Camilleri è stato Costanzo a lanciarle) il maghetto baffuto fa l’intrattenimento infilandoci il ragionamento. Un pioniere Maurizio. E insieme, nel corso di tutte le sue avventure anche su carta stampata e pure come consigliere di politici (soprattutto di sinistra e Berlusconi gli lasciava ampia libertà di scelta: «Lo ringrazierò sempre per non avermi censurato. Tranne quando voleva imporre al mio collo, che non c’è, di mettersi una cravatta ma mi sono ribellato»), è stato uomo di potere. L’unico che contemporaneamente consigliava Berlusconi e Rutelli, entrambi candidati premier. E l’unico che conduceva programmi sulla Rai e su Mediaset. In scena, al Parioli, bastava una sua battuta in un romanesco per far aprire una persona e un mondo. Si iscrisse alla P2 (venendo assolto, come tutti gli altri coimputati), ma a differenza di altri ammise di aver sbagliato: «Sono stato un cretino». 

 

SEDE DISTACCATA

E comunque, a proposito del Costanzo Show, riuscì a renderlo una sorta di sede distaccata del Parlamento («Se Porta a Porta è la terza Camera, il Parioli può essere la quarta?», scherzava lui) anzi di più: una piazza dove sono nate grandi battaglie civili. Come quella anti-mafia, con tanto di Matteo Messina Denaro una volta seduto di nascosto in platea, mentre molto del successo mediatico di Giovanni Falcone a quel salotto si deve. Infatti lì dietro Cosa Nostra piazzò la bomba («Questo Costanzo deve saltare per aria», parola di Riina). Il garantismo modello Pannella ha avuto al Parioli la sua tribuna («A Costa’, e famme parla’!”, diceva Marco) e da lì partì la famosa puntata in cui dal Parioli con Costanzo e dal teatro Biondo di Palermo con Santoro si unirono il giudice Galasso e Leoluca Orlando per “processare” Falcone. E insomma, il Costanzo Show è stato il simbolo di certo progressismo alla portata di tutti tra campagne umanitarie e crociate laiche. Il proto-veltronismo è nato qui. Ma Maurizio è stato tutto e di più: un italiano speciale travestito da normale. Un vincitore in tutti i campi. «Vivo con una pistola puntata alla nuca che si chiama noia», diceva: «La sento sempre in agguato, ma le impedirò di battermi». La battaglia terrena contro il tedio in effetti l’ha vinta lui, e ora starà pensando lassù a quali altre puntate inventarsi per continuare a divertirsi.

Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 09:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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