Marco Giallini: «Sono un buono ma non dimentico le offese subite e anche dopo 20 anni mi vendico»

Parla l’attore che dal 5 aprile torna su Rai2 con “Rocco Schiavone”, la serie sul vicequestore romano che lavora ad Aosta

Sabato 1 Aprile 2023 di Gloria Satta
Marco Giallini: «Sono un buono ma non dimentico le offese subite e anche dopo 20 anni mi vendico»

Ruvido, insofferente alle regole, cinico quanto basta, amico di tipi loschi, fumatore di canne ma bravissimo a fare le indagini e risolvere i delitti in nome di quel senso tutto suo della giustizia: tra i tanti sbirri che affollano tv, piattaforme e cinema, il controverso ma affascinante vicequestore Rocco Schiavone occupa un posto di primo piano. Creato dallo scrittore Antonio Manzini, torna su Rai2 dal 5 aprile con la faccia vissuta, il disincanto romano e la carismatica malinconia di Marco Giallini, 60 anni martedì prossimo. Siamo alla quinta stagione: la nuova serie, diretta da Simone Spada, si snoderà in quattro serate e sarà ancora una volta ambientata tra le nevi di Aosta, dove Schiavone è stato spedito per motivi disciplinari. L’avevamo lasciato ferito da un colpo che, sparato per errore da un suo agente, gli è costato un rene e lo ritroviamo guarito, «più malinconico» ma pronto a risolvere i suoi casi: dal cadavere trovato al confine tra Italia e Francia all’omicidio di una studiosa d’arte fino ai fantasmi del suo passato.

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Continua a somigliarle questo poliziotto così particolare?
«Sì, marijuana a parte, Rocco ha molte cose in comune con me: la malinconia, l’intolleranza per gli stupidi, il senso della giustizia. Quando ho letto per la prima volta i libri di Manzini avrei dato qualunque cosa per interpretarlo».

Com’è andata questa volta?
«Ad Aosta sono ormai di casa, ma abbiamo girato sulla neve a 20 gradi sotto zero. Mi si è congelato il sedere...».

È ormai proverbiale la lista delle ”rotture di co...” compilata da Schiavone. E la sua personale classifica?
«Al primo posto metto gli stro... che si ostinano a non capire le cose. Quelli che ti guardano e non ti vedono».

In questa nuova stagione ha a che fare con una poliziotta francese (interpretata da Diane Fleri) ruvidissima ed esperta che sembra la versione femminile di Rocco...
«Adoro i francesi. Anche se mettono la panna sulle cozze, hanno un enorme rispetto per la cultura. E musicisti straordinari, come il mio idolo Etienne Daho».

Cosa pensa degli attacchi arrivati in passato al suo “spregiudicato” Rocco?
«Che devo dire? Va bene così, la serie va in onda su una rete pubblica e ci si preoccupa del messaggio che possa dare. Ma sulle altre tv e sulle piattaforme si vede di tutto, si fanno le canne pure nella culla».

E che le dicono i veri poliziotti?
«Mi ringraziano per aver portato in tv un personaggio del tutto umano, pieno di imperfezioni perciò simile a tanti».

 

Non teme che questo sbirro, per molti il suo alter ego, possa fagocitare la sua carriera?
«No. Se Dio vuole ho fatto tante altre cose. Schiavone è il mio più grande successo con il film Perfetti sconosciuti».

Ha rimpianti?
«Ho sfondato a 50 anni e a volte mi domando se non fosse stato meglio prima... ma tutto sommato è andata bene così».

Che effetto le fa compiere i 60?
«È da quando ne avevo 21 che non faccio caso all’età. In passato ho fatto cose scapestrate, come tutti, ma di fondo sono sempre stato un bravo ragazzo. Forse un tempo avevo più fiducia nel prossimo, oggi si è ridotta».

Lavora come un pazzo, dice molti no?
«Sono aperto a tutto, non ho preclusioni. Ma quando scelgo un film, privilegio le persone che mi vogliono bene».

Chi sono?
«Quelli che, come Paolo Genovese e Marco Risi, mi hanno voluto a tutti i costi anche quando non ero famoso».

Dimentica i torti subiti?
«No, e mi vendico in maniera sottile. Sono pronto a rinfacciare le offese anche 20 anni dopo».

Cos’ha in pentola?
«Un filmone con un grande regista, non posso dire altro».

Il pubblico tornerà ad affollare i cinema?
«Più diventano grandi gli schermi delle tv, più la vedo dura. Con tante piattaforme a disposizione, la gente rischia di non voler più uscire di casa».

Se avesse i poteri, cosa cambierebbe nella sua Roma?
«Impedirei innanzitutto la chiusura dei cinema. Per un fatto estetico, oltre che culturale. Vedere che le sale della mia giovinezza non esistono più mi fa male».

Come attore pensa di essere diventato più bravo?
«Oggi ho più consapevolezza tecnica del mestiere. Ma il cuore ce l’ho messo sempre».

Ultimo aggiornamento: 2 Aprile, 08:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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