Enrico Vanzina fotografo celebrato con una mostra: «Le mie immagini pop raccontano i sentimenti»

Giovedì 12 Agosto 2021 di Gloria Satta
Enrico Vanzina fotografo celebrato con una mostra: «Le mie immagini pop raccontano i sentimenti»

Sceneggiatore, produttore, scrittore, regista, maestro della commedia, editorialista, romano, romanista. Ma c'è un Enrico Vanzina che il pubblico ancora non conosce: il fotografo. A colmare la lacuna provvederà, dall'11 settembre, la mostra Variazioni pop, curata da Francesco Poli e ospitata dalla galleria d'arte contemporanea Biasutti & Biasutti di Torino: 32 immagini in bianco e nero scattate da Enrico, 72 anni, 107 film e 13 libri all'attivo, e da lui stesso rielaborate nel segno della contaminazione di generi, inquadrature, suggestioni, citazioni.

Si va dai sorprendenti ritratti acquerellati degli attori (Christian De Sica, Isabella Ferrari, Nancy Brilli, Lino Banfi, Vincenzo Salemme...) a momenti rubati nella vita delle città (Roma, New York, Riccione) mentre alcuni singolari collage esaltano ambienti e dettagli come una stazione ferroviaria, un letto d'hotel sfatto, un libro, dei bicchieri. O elementi che appartengono alla quotidianità dell'autore, a cominciare dagli oggetti del suo studio.

Enrico Vanzina, la mostra-omaggio

 

Non mancano gli omaggi: a Andy Warhol, Edward Hopper, Blues Brothers, Mimmo Rotella, Ernest Hemingway, Truman Capote, Ennio Flaiano. In poche parole, la mostra è una cavalcata sperimentale, metalinguistica e decisamente originale attraverso la realtà filtrata dagli occhi di chi, come Vanzina, da mezzo secolo vive d'immagini e per le immagini. Nel segno di una visione dichiaratamente, orgogliosamente pop del mondo.
Ma la cultura pop non era morta e sepolta?
«Macché, è più viva che mai e si manifesta continuamente nella realtà dei nostri giorni».
E come?
«È stata pop la chiusura delle Olimpiadi, per esempio. Lo sono gli allestimenti dell'Opera, certe messe in scena teatrali, la comunicazione dei politici, serie di successo come La Regina degli Scacchi. È fieramente pop anche il cinema di Carlo ed Enrico Vanzina, una maratona nel costume italiano all'insegna di icone ed umori popolari... Ma non oggi c'è più bisogno di provocazione, come ai tempi di Andy Warhol: la cultura popolare, cioè per tutti, si è presa la rivincita».
La cosa più pop che ha visto di recente?
«La conferenza stampa tenuta in piazza dall'ex premier Giuseppe Conte, su un banchetto allestito davanti a Palazzo Chigi: la politica è uscita dal Palazzo per incontrare i cittadini».
Perché tutti i suoi scatti sono in bianco e nero?
«Esprimono nostalgia per il passato. Il bianco e nero di due film bellissimi e diversi tra loro come Guardie e Ladri di mio padre Steno e L'avventura di Michelangelo Antonioni rappresenta la vertigine della mia giovinezza. E resto convinto che il cinema migliore sia quello precedente all'avvento del sonoro e del colore».
Ha ancora una funzione, la fotografia, mentre il mondo va in overdose di video?
«La fotografia dà il senso della realtà e rappresenta una scelta: quella di storicizzare un particolare momento. Inchioda dunque l'autore dello scatto alla sua responsabilità».

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Un'immagine della mostra a cui è particolarmente affezionato?
«Ce ne sono un paio. Una racchiude tutta la mia vita: è Variazione Sordi in cui un murale di Albertone, un personaggio-chiave nella mia storia, è accostato a piazza in Lucina dove abito da anni. Nell'altra, intitolata Variazione New York, si vede uomo armato di carta e penna al tavolo di uno Starbuck, icona pop del nostro tempo: rappresenta la solitudine dello scrittore».
Grazie allo smarthpone, ormai siamo tutti fotografi?
«Sì, e anche tutti registi: girare un film con il cellulare ha un costo irrisorio. Ma sia la macchina da presa sia la fotocamera ti ricordano che stai facendo sul serio».
Il cinema italiano di oggi, Vanzina, è pop?
«Nemmeno per sogno. È verboso, a tesi, fissato con il neo-neorealismo. Noiosissimo».
Non si salva nessuno?
«Solo Paolo Sorrentino. Lo adoro perché mescola cultura alta e cultura bassa con grande maestria e divertimento. È come i Beatles, i suoi film equivalgono alle copertine dei dischi dei Fab Four: destinati a rimanere nella storia».
Il suo sogno di fotografo?
«Vorrei riuscire a riprendere i sentimenti. Proprio nel momento fugacissimo in cui si manifestano».
 

Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 06:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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