Daniel Pennac: «Gli italiani sono miei fratelli, sono come dei Malaussène»

Parla lo scrittore francese, che sarà a Narni il 18 per un inedito spettacolo all'alba

Domenica 4 Giugno 2023 di Riccardo De Palo
Daniel Pennac: «Gli italiani sono miei fratelli, sono come dei Malaussène»


«Gli italiani, ormai, sono tutti miei fratelli, è come se facessero parte della tribù dei Malaussène» dice lo scrittore Daniel Pennac, all'anagrafe Daniel Pennacchioni, nato a Casablanca 78 anni fa, che domenica 18 giugno sarà sul palco di Narni Città Teatro per uno spettacolo "esclusivo".

Daniel Pennac all'alba, che debutterà appunto alle 5,30 del mattino (Presso l'Ala Diruta, ovvero l'ex Refettorio Sant'Agostino della città umbra, con la partecipazione di Pako Ioffredo, regia di Clara Bauer) è uno dei tanti spettacoli previsti a Narni, a partire dal 16 giugno, con artisti come Lino Guanciale, Sergio Cammeriere, Emis Killa, Nicola Lagioia.


Pennac ha appena pubblicato l'ultimo capitolo della sua saga più nota, Capolinea Malaussène, arrivato quarant'anni dopo il primo romanzo della serie (Il paradiso degli orchi, scritto nel 1983, fu pubblicato in Italia solo nel 1991). Una tribù che, come ripete spesso lo scrittore francese, è tutt'altro che frutto di finzione letteraria: «Molti di loro vivono attorno a me». In questo ultimo libro ritorna un personaggio che - l'autore non ne fa mistero - è ispirato a lui stesso: l'ispirazione è arrivata quando il figlioccio ha cominciato a chiamarlo Nonnino per prenderlo in giro. Con molta autoironia, Pennac ne ha fatto lo spirito del male del nostro tempo, «un assassino in un'epoca in cui si uccide tanto».


Monsieur Pennac, perché uno spettacolo all'alba?
«Si tratta di raccontare, appunto, l'alba di un'opera, il suo inizio. Ovvero quello che succede ancora prima che l'autore scriva la prima parola del suo testo. È questo che racconterò, quel giorno».


Pako Ioffredo, della compagnia teatrale Mia, la accompagnerà: quale sarà il suo ruolo?
«Pako è ormai da molto tempo il mio complice in campo teatrale. Mi darà lo spunto per replicare».


Lei è spesso nel nostro Paese per eventi di vario genere. Qual è il suo rapporto con i lettori italiani?
«Dopo 35 anni ho con loro, almeno credo, un rapporto fraterno. È come se facessero parte della tribù Malaussène».


Nel suo libro "Come un romanzo" scrive che "l'uomo costruisce case perché è vivo ma scrive dei libri perché sa di essere mortale". Qual è lo scopo ultimo della letteratura?
«La letteratura non persegue alcun obiettivo. Costituisce, semmai, lo sguardo di ogni scrittore sulla realtà vissuta, di generazione in generazione. È un ricordo dell'umanità, affidata allo sguardo di tutti gli autori vissuti prima di noi».


È stato difficile scrivere la parola "fine" alla sua popolare saga familiare, separarsene?
«Porre fine ai Malaussène in quanto personaggi di romanzi, non vuol dire certo, per me, eliminarli. Molti dei membri di questa sorta di tribù sono degli amici, esistono davvero, sono delle persone a me molto vicine. Il mio rapporto con loro non è affatto finito. Sono la mia compagnia naturale».


E il Nonnino, che educa i ragazzi al male, incarna davvero lo spirito del tempo?
«Sì, Pépère, nella traduzione italiana Nonnino, rappresenta l'aria ferocemente inquinata di questo tempo. Ma non posso dire di avere chiuso con lui. Non sono estraneo alla mia epoca».


Lei sembra, apparentemente, sempre di buon umore. Dietro la maschera, è davvero felice?
«Bisognerebbe mettersi d'accordo sulla definizione di "felicità". Quanto meno, vuol dire cercare di non rendere gli altri infelici»


La lettura sembra perennemente in crisi, rispetto a media come la televisione o i social. Perché, invece, dovremmo tutti leggere?
«Come scriveva quell'autore geniale che era Umberto Eco, chi legge vive molto di più di chi non conosce il piacere della lettura. Certo, non si diventa più anziani, non si vive più a lungo, ma si vive di più. Perché io eredito, nelle mie letture, tutto quello che è stato scritto prima di me. Non è certo una cosa da nulla, vivere nella Grecia antica con Sofocle, fare la campagna di Russia con Tolstoj. Leggere fa di noi degli uomini popolati da tutti gli uomini».

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