Cecilia Gasdia, la Signora dell'Arena: «Amo Lucio Dalla e non ho la tv in casa»

Domenica 30 Agosto 2020 di Alda Vanzan
Cecilia Gasdia, la Signora dell'Arena: «Amo Lucio Dalla e non ho la tv in casa»
Dice di essere «una donna piena di difetti e per questo umana come tutti gli altri». Cecilia Gasdia, 60 anni, soprano tra le più celebri d'Italia, capelli volutamente bianchi («Mi sono liberata della tinta»), un brevetto di pilota acquisito in età adulta perché un tempo certe professioni erano vietate alle donne, è dal 2018 la signora dell'Arena. La Fondazione. Il teatro. Le stagioni.
Sotto di sé ha quasi 250 dipendenti che d'estate, con gli stagionali, diventano 1.400. Solo che quest'estate c'è stato il coronavirus e la stagione lirica è stata spostata di un anno, al 2021, quando tra anniversari (i 120 anni della morte di Giuseppe Verdi, gli 80 anni del maestro Riccardo Muti) e normale programmazione, agli amanti dell'opera verrà voglia di trasferirsi a Verona e star lì per mesi e mesi di fila. «Ma quest'anno non siamo rimasti zitti, abbiamo fatto sentire comunque la nostra voce», dice il sovrintendente Gasdia, cui il linguaggio di genere piace assai poco.

Nonostante l'emergenza sanitaria, l'Arena ha proposto un cartellone estivo di tutto rilievo, dal Requiem di Mozart a Placido Domingo. Come ci siete riusciti?
«Quando è scoppiata l'emergenza sanitaria, all'Arena avevamo già cominciato a installare il palcoscenico per la stagione estiva. Si è bloccato tutto. Ma subito abbiamo detto: non possiamo stare zitti. Abbiamo dovuto cambiare cinque diversi bilanci della Fondazione che, com'è noto, deve avere i conti in ordine. Abbiamo spostato la programmazione al 2021. Ma ci siamo rifatti con il Festival d'Estate».
In termini economici, quanto vi è costato il Covid?
«Abbiamo avuto maggiori costi e mancati introiti da bigliettazione. In una stagione normale gli spettatori portano all'Arena tra i 26 e i 27 milioni di euro».
È stato difficile rispettare le disposizioni sanitarie, il distanziamento, le mascherine?
«Abbiamo seguito un protocollo sanitario rigidissimo: posti numerati, ingressi differenziati, distanziamento per orchestra e coro. E abbiamo voluto organizzare due serate speciali per gli operatori sanitari».
Lei è uno dei soprani più famosi, ha un curriculum alto così, pluripremiata, ha interpretato una novantina di ruoli operistici. Cosa canta sotto la doccia?
«Di tutto. Soprattutto le opere che sto studiando in questo periodo, spartiti nuovi. Per il nostro Festival d'Estate, perfino le Quattro Stagioni».
C'è un video in cui la si vede e sente cantare all'ultima edizione di Marmomac, la fiera del marmo a Verona. Canta ancora?
«Pubblicamente non canto più, tranne che per qualche evento benefico, però mi tengo in allenamento tutti i giorni. Ho cantato per quasi 30 anni, ho iniziato che ne avevo 20».
Ha duettato anche con i grandi della musica pop. Chi le è rimasto nel cuore?
«Ho un grandissimo amore per Lucio Dalla».
E Dalla all'Arena di Verona, nel concerto che tenne nel 1997, la presentò come il più grande soprano del mondo.
«Dalla amava tantissimo l'opera lirica. Ma anche con Riccardo Cocciante ho avuto un bel rapporto professionale, Due è il disco di duetti che abbiamo fatto nel 1994. Avrei dovuto interpretare anche Amore amore, poi lui scelse Mina. E di fronte a Mina cosa si può dire?».
Guarda Sanremo?
«A casa non ho la tv, neanche l'antenna».
Lei è la prima donna della storia a ricoprire il ruolo di sovrintendente della Fondazione Arena. Il o la sovrintendente?
«Il. Certe declinazioni femminili sono una forzatura. La ministra? Non mi piace. La sindachessa? Terribile».
È difficile fare carriera nel suo settore?
«Come cantante? C'è assoluta parità. Un soprano vale un tenore. Almeno da quando hanno smesso di tagliare gli attributi agli uomini, ma non succede più da almeno 250 anni».
Raccontano che gli artisti siano superstiziosi. Lei?
«Io non sono affatto superstiziosa, mi sono vestita tranquillamente di viola, non ho nessun gesto scaramantico. C'è chi si ostina a entrare con lo stesso piede in scena. No, io dico che è già faticoso studiare e lottare contro la malattia, non complichiamoci ulteriormente la vita. La cosa peggiore è prendersi un raffreddore, ma adesso con le mascherine ci andrà meglio, avremo meno influenze».
A chi si è ispirata nella sua carriera?
«Maria Callas. Per me un faro di riferimento».
Cantante, amministratrice, varie esperienze in televisione anche come giurata di Ti lascio una canzone. Mai stata ferma?
«Ho anche una azienda agricola in Toscana, da 27 anni. E ho seguito i miei due figli, un po' mi sono dedicata a loro».
Nel 2017 capolista di Fratelli d'Italia in Comune di Verona, non eletta. Cosa pensa della politica?
«La politica per la collettività è indispensabile. La trovo un mondo affascinante. Non escludo che un giorno possa interessarmi».
Quand'è che ha smesso di tingersi i capelli?
«Nel 2015. Ho iniziato ad avere i capelli bianchi a 25 anni. Io che li avevo neri, lunghissimi. Il ritocco era diventato una tortura. Un giorno ho preso la forbice e, zacchete, ho tagliato una ciocca. Poi mio marito, con la macchinetta, mi ha pareggiato il taglio. Molte donne si stanno convertendo al bianco. Certo, ci vuole coraggio. Ma alla peggio cosa perdi? Se non ti piaci, ti ritingi».
Segue la moda?
«La moda mi è sempre piaciuta, anche se adesso mi piace stare comoda. Se conservo o smaltisco? Un po' e un po'. Ma ho giacche che avranno 30 anni e che rispolvero».
L'anno scorso Franco Zeffirelli ha portato all'Arena la sua prima Traviata, trasmessa in mondovisione, presente il Capo dello Stato. Ma è mancato pochi giorni prima della rappresentazione.
«Hanno detto che l'Arena ha omaggiato Zeffirelli, in realtà è stato Zeffirelli a omaggiare l'Arena. Un allestimento incredibile».
Il suo luogo elettivo?
«A casa, possibilmente seduta al pianoforte o ai fornelli».
Un aggettivo per definire suo marito.
«Come si fa a definire la perfezione?».
Un capo di abbigliamento che non indosserebbe mai.
«Adesso non indosserei mai i jeans. Non li ho mai amati particolarmente»

Il regalo più costoso ricevuto.
«Non ho mai ricevuto regali costosi, comunque non mi avrebbero fatto impressione. Sono i regali immateriali a colpirmi. Come quando, da giovane, avevo un'insegnante che mi dava lezioni, dedicandomi il suo tempo, il suo sapere. E anche il suo cibo, perché era tutto gratis».
 
Ultimo aggiornamento: 10:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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