STORIA E STORIE di

 I buoni, i brutti e i cattivi

Lunedì 9 Dicembre 2013
 Decaduti o neoeletti, consumati o quasi intonsi, rottamati o rottamatori, popolari o populisti, democratici o decisamente antidemocratici: in una cosa sono tutti uguali, appena eletti: non amano i giornalisti. Anzi, tanti li disprezzano, vorrebbero vederli alla gogna. E se la gogna in piazza non c’è più, perché sono tempi che obbligano almeno al rispetto formale della democrazia, allora basta inventarsene una virtuale. L’importante è ordinare di far fuoco e la truppa obbedisce e spara. Nemmeno si chiede se i giornalisti abbiano il dovere e il diritto di raccontare la verità, di cercare quella verità, di controllare i controllori. A nessuno piacciono le critiche, ai politici meno che agli altri. Da qualche tempo le cose da dire sono troppe, gli sprechi assurdi, il carico sulle spalle dei cittadini insopportabile. Ci si attendono risposte corrette, arrivano – quando va bene – altre tasse. I politici non si dimostrano all’altezza dell’emergenza, non quelli che governano e che invocano la pochezza di mezzi e la crisi; non quelli che sono all’opposizione che dovrebbero dare segnali concreti, invece offrono slogan che riempiono la bocca ma non la pancia. C’è in giro molta gente stanca di sopportare e che resiste alla tentazione di cedere alla rassegnazione. E altra che fomenta, getta benzina sul fuoco, usa parole d’ordine vecchie e non propriamente riformatrici. C’è chi è pagato, e bene, per dosare le parole e si presume abbia anche la cultura e la preparazione per farlo, invece si lancia in invettive prive di senso chiedendo, per esempio, che tutti i parlamentari vadano a casa, che tutti decadano e non per una sentenza passata in giudicato. Chiamandoli tutti “deputati abusivi”, dimenticano le regole della democrazia e sembrano il coro di una non vecchissima canzone di Elio arrivata seconda a Sanremo: “… Applausi abusivi, abusi sessuali abusivi, tanta voglia di ricominciare abusiva…”. Un esempio: occorre una nuova legge elettorale, ma secondo la nostra Costituzione il solo autorizzato a fare e cambiare le leggi è il Parlamento. E allora come la mettiamo? Può un giornalista dire quello che pensa? Non siamo in guerra, nemmeno in zone dove la criminalità organizzata schiaccia con la violenza la libertà di stampa o costringe giornalisti coraggiosi a una vita da reclusi e sorvegliati speciali. Siamo nel tempio della democrazia, non è richiesto una particolare virtù per esprimere ciò che si pensa, anzi è proprio richiesto l’obbligo di farlo. E si può essere anche onestamente di parte perché la stampa libera non è omologata, non funziona con le veline come accadeva una volta. Eppure tanta libertà disturba, se Grillo e il M5S si sono messi in testa di sbertucciare chi critica il Movimento, di invitare gli iscritti a denunciare e segnalare almeno un giornalista al giorno. Tanto è facile: “Poi colpiteli, sputtaniamoli sul blog”. E lentamente gli sberleffi diventano minacce, i seguaci recitano con devozione e voce perfino impostata gli insulti a Maria Novella Oppo, brava cronista dell’Unità, specializzata nella critica televisiva. Un vero e proprio indice dei “cattivi” con allegata foto segnaletica. Chissà di quale reato si è macchiata la povera Maria Novella agli occhi di Beppe Grillo? Speriamo che abbia ritirato la sua benedizione il Premio Nobel Dario Fo diventato giustamente famoso anche per essersi sempre battuta contro ogni forma di controllo e di censura. Brutta abitudine quella di schedare i giornalisti e di dividerli per fedeltà non per onestà, per ossequio non per correttezza, per favori da ricambiare e non per rispetto della verità. Chi pensa di schedare la notizia non porta lontano e si dimostra più vecchio di quelli che vuole scalzare. Chi ha tanta confidenza con la censura ha sempre qualcosa da nascondere. Ultimo aggiornamento: 16:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA