STORIA E STORIE di

 Ho vissuto due deflazioni e l'ho scoperto solo adesso

Domenica 31 Agosto 2014
 Ho vissuto due deflazioni e non me l’hanno detto. Proprio non lo sapevo. “Deflazione” è una parola complicata da pronunciare, ancora più complessa da spiegare. Semplificando al massimo, vuol dire che calano i prezzi al consumo perché c’è poca domanda di beni e di servizi. Il pericolo è alto, tanto che gli economisti si interrogano se sia meglio la deflazione è l’inflazione controllata. L’una e l’altra comunque rischiano di avvitare l’Italia in un’ulteriore depressione economica. La prima deflazione l’ho vissuta da bambino. Ero convinto di essere cresciuto nell’Italia del boom economico, invece uscivo dalle elementari che attorno c’era la deflazione. La solita storia delle illusioni che uno si crea e poi basta poco a distruggerle. Chissà se la scatola di matite colorate e la cartella nuova delle quali ero orgoglioso erano il frutto del boom vicino o dalla deflazione presente? Era il 1959, pensavo che l’Italia volasse come cantava Modugno, che ci fosse una speranza di benessere per tutti, che fosse possibile farcela come quelli ai quali in tv il giovedì sera Mike Bongiorno domandava: “Lascia o raddoppia?”. Si potevano vincere gettoni d’oro e probabilmente la parola “oro” metteva al riparo da pericoli di inflazione o deflazione. In ogni palazzo c’era almeno una famiglia col televisore e un paio di volte alla settimana gli inquilini si trasferivano nell’appartamento dei fortunati. Si portavano le sedie, si sistemavano invariabilmente nello stesso posto, ridevano e piangevano tutti insieme col varietà o con lo sceneggiato. Famiglie larghe in tempi in cu si poteva ancora lasciare aperta la porta di casa. Gli studiosi dicono che quell’anno calò sensibilmente la domanda. Mi sembrava di vedere il contrario: le famiglie compravano televisori e frigoriferi, camicie in terital e abiti già fatti, bacinelle in Moplen, detersivi e caffè da macinare. Naturalmente quasi tutti compravano a rate, era un Paese fondato sulle cambiali. C’era fiducia nelle possibilità degli italiani, aperture di credito oggi impensabili. L’anno dopo l’Italia avrebbe vissuto il suo miracolo economico, la lira avrebbe avuto l’oscar mondiale di moneta più forte dell’anno. Dalla deflazione venne fuori un’Italia diversa e più felice. In tre anni le famiglie che avevano un televisore passarono da 12 a 49 su cento; quella con un frigorifero da 13 a 55 su cento. E le automobili in circolazione da un milione e mezzo a quattro milioni. Certo tantissime erano utilitarie, “Fiat 600” e “Fiat 500”, economiche, vendute quasi un tanto al chilo. Costavano 600 e 500 mila lire, in comodissime rate mensili, trenta-quaranta cambiali da firmare. Ci sarà un momento in cui il numero di cambiali in circolazione supereranno per valore le banconote circolanti e ci vorrà una legge per limitarne l’uso. Si potrebbe firmare una cambiale per garantire che la deflazione di oggi porti agli effetti della deflazione di ieri. Siamo pericolosamente in deflazione, per fortuna ce lo hanno detto con una parola italiana, cosa sempre più rara: le cattive notizie politici e tecnici ce le comunicano in inglese, così si capiscono meno e spaventano di più. Ci hanno martellato con lo “spread” che poi era semplicemente la “differenza” tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi. Dicono che dobbiamo fare sacrifici con alla “spending review” , basterebbe dire revisione della spesa pubblica. E il governo promette la “Jobs Act” che non è altro che la nuova legge sul Lavoro. Forse usare parole comprensibili a tutti aiuterebbe se non a risolvere i problemi, almeno a farsi capire. Torniamo alla deflazione. Il problema è semplicissimo e complicatissimo al tempo stesso. Aggravato da una disoccupazione sfuggita al controllo, specie quella giovanile. Bisognerebbe rimettere in moto il Paese, farlo consumare e farlo di conseguenza crescere; riaprire la domanda per rinsaldare l’offerta. E’ chiaro che la ricetta non può essere ancora una volta nello stringere la cinghia, aumentare le tasse, spremere i soliti limoni. Nemmeno nello spreco o nella corruzione. Guai a togliere agli italiani anche le illusioni di farcela a immaginare un futuro migliore. Ultimo aggiornamento: 18:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA