STORIA E STORIE di

 Domenica non è più domenica

Sabato 16 Agosto 2014
 Domenica non è più domenica. E neppure Pasqua e Natale, Ferragosto e Primo Maggio. Non c’è più la festa della Repubblica e nemmeno quella della Liberazione. Se nei paesi non facessero la sagra non si ricorderebbero neppure della festa del patrono. Le cose cambiano, camminano più in fretta di noi, ci scavalcano e se ne vanno per conto loro. Forse non è sempre un bene. Leggere che a Ferragosto nelle città sono rimasti aperti centri commerciali, supermercati, market del legno e del bricolage, outlet e negozi di ogni genere, fa pensare che non siamo più gli stessi. Siamo abituati a pensare al ferragosto al mare o in montagna, a lunghe code in autostrada, all’anguria in spiaggia, bikini e chiappe al sole. Bisogna farsene una ragione: d’ora in poi giornali e tg faranno i servizi sul ferragosto soltanto al centro commerciale. Del resto, come ha detto l’albergatrice di Cortina intervistata dal tg 3 su possibili sconti per ferragosto: “Cortina è di lusso, che piaccia o no. E non è per tutti”. Un modo straordinario per non perdere clienti. Una volta i nostri tempi erano scanditi dalle stagioni, anche le mezze stagioni che allora c’erano, dalla scuola e dalle vacanze se eravamo a scuola, dalle feste comandate che valevano per tutti. La domenica era davvero la domenica; non si lavorava, i negozi restavano chiusi. I paesi e le città avevano i loro riti festivi, c’era la Messa, prima quella dei ragazzi poi quella degli adulti. Le chiese erano sempre piene. C’erano la piazza con i bar, la passeggiata, l’edicola per il quotidiano; la sera al cinema. Da ragazzini andavamo al cinema parrocchiale, 50 lire per il biglietto e 50 per bagigi, semi di zucca, bombolotti di zucchero. I rifornimenti finivano nei primi cinque minuti. Trionfavano Ercole e Maciste e nel lontano West vincevano sempre le giacche azzurre; quando arrivava la cavalleria scalciavamo tutti come matti sulle sedie davanti. Era anche quello un rito della domenica. Perché c’era la domenica. Una canzone popolare diceva: “Domenica è sempre domenica/ si sveglia la città con le campane…/ E’ domenica per poveri e signori/ ognuno può dormir tranquillamente”. Oggi le feste sembrano un fastidio in mezzo a settimane di lavoro. Qualcuno pensa che non ci sia niente da ricordare, che la memoria collettiva non sia una cosa importante, che tanto vale avere una storia come una lavagna appena pulita. Devono fissare per legge alcune date per obbligarci a ricordare: Giornata della Memoria, Giornata del Ricordo, Giornata delle vittime della mafia e del terrorismo… Spesso non ricordiamo neppure così. Le feste nazionali o quelle religiose non si rispettano quasi mai, i centri commerciali aprono quando e come vogliono. Certo tengono aperti anche perché la gente non manca. Intere famiglie entrano al mattino e escono la sera, trascorrono la giornata di festa nel centro commerciale fresco d’estate e caldo d’inverno. Come in un vecchio racconto di Calvino, dove Marcovaldo portava la famiglia in gita al supermercato e faceva il giro delle corsie con carrelli vuoti perché non aveva soldi. Era un modo di sentirsi uguali agli altri nell’Italia del miracolo economico. Marcovaldo non avrebbe mai rinunciato alla domenica. Adesso si apre pure a Ferragosto e non solo perché la crisi ha trattenuto metà degli italiani a casa. E’ un modo forse nuovo di vivere, sicuramente diverso. Una volta, come diceva la vecchia canzone, l’italiano si svegliava contento la domenica di non andare a scuola, di non andare al lavoro, di sognare il 13 al Totocalcio: “Felice sarà e spenderà/ sti quattro soldi de felicità”. Oggi si sveglia molto meno felice, non sa cosa farà da grande. Il futuro è precario come lo stipendio, ma c’è una certezza: domenica è domenica solo al centro commerciale. Dove non si possono spendere “quattro soldi de felicità”, ma alla cassa accettano qualsiasi carta di credito. Ultimo aggiornamento: 23:37 © RIPRODUZIONE RISERVATA