Gianluca Amadori
SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE di
Gianluca Amadori

Immigrazione, tanta propaganda e poche soluzioni concrete

Mercoledì 26 Aprile 2023

Sui temi dell'immigrazione si continua a fare tanta propaganda, mentre gli interventi concreti continuano ad essere pochi. Di fronte ad un fenomeno epocale (ma le migrazioni sono caratteristica costante nella storia dell'uomo) la risposta della politica, in particolare quella italiana, continua da anni ad essere sintonizzata sull'emergenza quotidiana, senza un minimo di programmazione e di progetti a lungo termine; con risposte che sembrano avere un unico obiettivo: cercare di assecondare le reazioni emotive dell'opinione pubblica attraverso slogan di facile comprensione e sicuro impatto, invece di guidarla verso possibili soluzioni razionali e utili.

Per non parlare delle sempre più numerose derive razziste e suprematiste, all'insegna di un auspicato recinto nel quale l'Italia sia solo degli italiani (in un Paese peraltro diviso in mille campanili e rivalità locali, in cui l'unità nazionale si materializza quasi unicamente in occasione dei mondiali di calcio) che appare privo di un qualsiasi senso, in un mondo sempre più senza confini, caratterizzato da multiculturalismo e contaminazioni di popoli di origini e culture differenti. Una realtà nella quale l'immigrazione è peraltro necessaria e utile per garantire forza lavoro e sostenere un'Italia in cui l'età media è sempre più avanzata, come ribadito più volte dal presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, ma anche dai rappresentanti delle imprese che lamentano la carenza di manodopera. Lo stesso ministro all'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, all'inizio di marzo dichiarò che In Italia ci sono fino a "500mila posti di lavoro disponibili" che possono essere coperti dai migranti, salvo poi sostenere che non bisogna arrendersi alla prosepttiva di una "sotituzione etnica". 

In un contesto di questo tipo, considerata l'impossibilità di fermare le ondate migratorie (la cui destinazione finale, peraltro, non è l'Italia nella gran parte dei casi) sarebbe necessario avere innanzitutto un piano per gestire al meglio le presenze, anche quelle temporanee dopo gli sbarchi. Limitarsi ad ammassare i migranti in enormi caserme (che assomigliano più a carceri che a centri di ospitalità), significa soltanto creare nuovo degrado. Impedire la regolarizzazione (anche quella temporanea attraverso il riconoscimento della protezione speciale che ora il governo vorrebbe abolire, o quantomeno limitare) significa spingere numerose persone verso i margini della società, e dunque verso la delinquenza; significa riempire la strada di persone senza un tetto, senza un lavoro, senza una prospettiva: perché è noto a tutti che i rimpatri non si riescono a fare, se non per una piccolissima percentuale di migranti irregolari. In molti casi non si sa di preciso da dove arrivino e dunque dove rispedirli. Ma non basta: in assenza di accordi (e con molti Paesi africani e asiatici non ce ne sono) i governi non accettano il rimpatrio dei propri concittadini.

L'unica soluzione è quella di suddividere i migranti in piccoli gruppi e distribuirli sul territorio: due - tre persone inserite anche in un piccolo paese non creano alcun problema, possono integrarsi e perfino rendersi utili alla comunità. Diventare una risorsa, dopo una prima fase di necessaria integrazione (anche linguistica). Per quale motivo non si percorre questa strada, suggerita da numerosi tecnici che in questi anni si sono occupati dei problemi relativi alle migrazioni? Dove è stato fatto i risultati di integrazione sono stati positivi.


La realtà è che sventolando proclami roboanti come "fuori tutti", o "chiudiamo i porti" o "tolleranza zero" si conquistano facili consensi e preferenze elettorali. Anche se non si risolve nulla, aggravando anzi la situazione. Con il rischio che poi la rabbia della gente, esasperata dall'assedio di spacciatori e malviventi, esploda con risultati difficili da prevedere.


La soluzione non è, non può essere nei muri (lo ha dimostrato quello eretto ai confini tra Messico e Usa che non ha fermato la migrazione) e neppure nella criminalizzazione di un fenomeno che di criminale non ha nulla (se non le organizzazioni che sfruttano la povertà e disperazione di migliaia di persone). La soluzione va trovata nell'integrazione sociale e culturale, negli accordi con i Paesi meno sviluppati, che vanno sostenuti e aiutati per limitare gli arrivi; in una politica che spieghi ai cittadini i problemi e suggerisca possibili soluzioni invece di istigare all'odio, mettendo una persona contro l'altra sulla base del colore della pelle e della provenienza. 
Non è facile, ma è necessario provarci. Non per buonismo, ma perché è l'unica strada per cercare di risolvere una delle grandi questioni che caratterizzano questa fase storica.

Ultimo aggiornamento: 20:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA