Gianluca Amadori
SANA E ROBUSTA COSTITUZIONE di
Gianluca Amadori

Corruzione da combattere: la denuncia del Papa

Lunedì 18 Novembre 2013
Ci voleva l'intervento di Papa Francesco per portare all'attenzione dell'opinione pubblica la scottante questione della corruzione. Di fronte ad una politica che fa finta di non vedere il dilagante malaffare, diffuso ormai ad ogni livello, la denuncia di Bergoglio contro i devoti della "dea tangente" ha un significato di estrema importanza. In controtendenza rispetto alla società civile, che pare purtroppo non avere la forza (o l'interesse) di reagire ad un sistema sempre più basato su corruttela, clientele e favoritismi, il Papa ha deciso di non fare sconti ai corrotti, "agli ingiusti che rubano allo Stato", ricordando che i giovani "hanno fame di dignità perché il lavoro disonesto toglie la dignità". Ci voleva davvero l'intervento del Papa contro il denaro sporco, contro la doppia morale del cristiano che durante la settimana chiede le tangenti e poi la domenica fa generose offerte a messa. “L’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza", ha denunciato Bergoglio. E la conferma arriva quasi ogni giorno: non c'è ambito nel quale la magistratura metta mano senza che emergano irregolarità e illeciti: gare d'appalto truccate, imprese che si accordano per spartirsi i lavori in barba alla libera concorrenza, bustarelle per accelerare le pratiche o per aggiudicarsi opere pubbliche. Chi non si adegua al sistema viene isolato, estromesso.   Una situazione vergognosa, contro la quale si fa pochissimo. Manca una vera mobilitazione dello Stato per sconfiggere la corruzione. Ci vorrebbe innanzitutto una "rivoluzione" culturale, ma nessuno si sta veramente impegnando su questo fronte. Quanto al quadro normativo va ancora peggio: la corruzione è punita meno severamente di un furto; l'abuso d'ufficio, ovvero il comportamento di un pubblico ufficiale in violazione della legge, è ritenuto ancora meno grave. Gran parte di questi reati si prescrivono in appena sette anni e mezzo: ciò significa che molto spesso non è possibile arrivare a sentenza. Anche se il responsabile viene individuato, riesce a farla franca. Lo stesso accade per i reati fiscali, anche per le evasioni milionarie che normalmente vengono scoperte alcuni anni più tardi e necessitano di indagini lunghe e complesse. Altri reati (pensiamo alla droga) si prescrivono in 20 anni anche se si tratta di episodi di minimi: di conseguenza è impossibile sfuggire alla condanna. Per la corruzione no: quasi sempre non c'è tempo sufficiente per arrivare in Cassazione. Ma per il legislatore non è un problema: la riforma della giustizia su cui si discute da anni non prevede meccanismi adeguati per perseguire i crimini più odiosi, quelli che colpiscono l'intera collettività, ma soltanto per rendere più difficili le indagini. Una singolare coincidenza. Ultimo aggiornamento: 19:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA