Alessandra Graziottin
PASSIONI E SOLITUDINI di
Alessandra Graziottin

Il valore formativo del lavoro per i ragazzi

Lunedì 21 Agosto 2023
La parrucchiera è veloce e tranquilla. Conversiamo mentre lavora. Il discorso va sui figli, forse perché una signora, appena uscita, parlava disperata della figlia quindicenne che «le fa vedere i sorci».
«Coi figli è un terno al lotto. Io ne ho due. Il primo, un ragazzo d'oro. Non ci ha mai dato un pensiero. Sveglio, bravo a scuola, ha la passione per la meccanica. Fin da piccolo si divertiva a stare in officina con suo padre. Il sabato stava tutto il giorno con lui: 'Sto ragazzino impara con gli occhi diceva orgoglioso mio marito. Finito l'istituto tecnico, non ha voluto fare l'università. A me è dispiaciuto tanto, ma non ci sono stati santi. Voglio fare il lavoro del babbo. E' la mia strada . Lavora di gusto, ci sa fare con i clienti, tutti gli vogliono bene. Per il resto, ha tanti amici, la ragazza. Le cose giuste per la sua età. Mio marito è proprio contento: Con lui qui non mi pare nemmeno più di lavorare mi dice la sera. 'Sto ragazzo è una benedizione . Il secondo, un manicomio. Lotta continua fin da piccino. Io e lui di carattere proprio non ci capiamo. Col papà va un po' meglio, ma che fatica! Già alle medie, male a scuola, brutte compagnie. Abbiamo provato con lo psicologo. Zero. Alla prima superiore, bocciato. E ce ne va, di questi tempi, a farsi bocciare! Non sapevamo più dove sbattere la testa. Una sera è venuto a cena mio cognato, il fratello più giovane di mio marito. Lui vive sul continente, ha un bar pizzeria bene avviato. Io piangevo, per questo figliolo che vedevamo finir male. Mio marito era cupo. Si vedeva che aveva il magone. Datelo a me ci dice dopo un po'. Qua la vedo brutta anch'io . Lui e il piccolo si sono sempre capiti al volo. E' l'unica persona che ascolta: il perché, lo sa Iddio. Quando glielo abbiamo detto, nostro figlio è sbottato: Era ora! A voi due non vi sopporto più! . Vieni con me , gli ha detto lo zio. Ti faccio fare un corso di sopravvivenza umana con me , e gli ha strizzato l'occhio. Mio figlio, ch'era cupo, s'è messo a ridere, come da tempo non lo vedevo. Ti insegno i segreti del mio mestiere. Magari ti piace! . Da allora sono passati tre anni: è un altro ragazzo. Ha deciso di fare le scuole serali, perché di giorno gli piace lavorare con lo zio. Abita da lui, è contento così. Lo vedo poco. Come mamma, mi chiedo sempre dove ho sbagliato. Ma ringrazio Iddio, e mio cognato, perché si è salvato».
Il cuoco arriva con un gran sorriso. Ho chiesto di vederlo per congratularmi per la cena, davvero squisita. Vicino a lui, un ragazzo alto e solido. «Lui è mio figlio!», dice presentandolo orgoglioso. «Fa il terzo anno di chimica, è a posto con gli esami. Il sabato mi aiuta sempre in cucina. Gli piace tanto, lo vuole lui, eh!». Il ragazzo sorride: «Lavorare mi piace. Mi tiene con i piedi per terra. E poi mi interessa studiare la chimica dei cibi, vedere come si trasformano. E' una chimica fantastica». Lo sguardo si accende, acuto e profondo. «Bravo! Hai un gran futuro davanti a te», gli dico intensa. Padre e figlio sorridono.
Padre imprenditore, madre commerciante, svizzeri di origini italiane. Coppia solida, molto unita. Due figli maschi, ben riusciti, allegri e rispettosi. Si sono laureati, ora sono imprenditori tosti pure loro. Ottimi sciatori, fin da piccoli. Ma all'età giusta, per entrambi, corso per maestri di sci e tutti i week-end invernali sugli sci a insegnare. «Impara e metti a baita», è il motto del padre: «Non si sa mai nella vita come gira. E poi lavorare in un campo diverso dai nostri, ha insegnato loro tante cose. Il valore del denaro e la fatica per guadagnarlo, anche quando il mestiere ti piace. Il rispetto del tempo e degli orari, e alla sera a letto giusti, altro che tirar mattina ubriachi in discoteca. Capire le persone, quello che ti dicono e quello che vogliono realmente. E poi lavorare presto con la gente ti obbliga a pensare in avanti, alle conseguenze di quello che dici e di quello che fai. Il senso di responsabilità lo impari facendo». Aggiunge la madre: «Diciamocelo pure: ai nostri ragazzi sport e lavoro hanno salvato la vita. Se penso a come sono finiti tanti loro amici. Avere soldi e tutto facile li distrugge, i ragazzi. Coi nostri, abbiamo seguito la strada dei nostri vecchi. Impara a conquistartele, le cose. E le cose hanno tutto un altro gusto!».
Storie che fanno riflettere. Padri e madri solidi, che conoscono il valore, anche formativo, del lavoro. Ragazzi realizzati. Idea: tre settimane di vacanze a giugno e poi due mesi di lavoro estivo non farebbero tanto bene a molti studenti? Per restare con i piedi per terra, per imparare a vivere, per scoprire cosa amano fare davvero, per affinare intelligenza emotiva e pratica. Mesi che potrebbe anche far parte del curriculum scolastico, come essenziale esperienza formativa. Perché no? Diceva bene Jack Kerouac, nel libro "I vagabondi del Dharma": «Nulla va perduto in un sentiero ben tracciato». Ultimo aggiornamento: 11:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA