Alessandra Graziottin
PASSIONI E SOLITUDINI di
Alessandra Graziottin

Un buon rapporto tra medico
e paziente può ridurre il dolore

Martedì 7 Giugno 2016
Un buon rapporto tra medico e paziente riduce la vulnerabilità al dolore. Lo conferma un nuovo studio della Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). È vero non solo per i tumori, ma per ogni patologia. Perché una buona relazione con il proprio medico può essere così efficace nel ridurre sensibilità e percezione del dolore, sintomo tormentoso, inquietante e invalidante in ogni malattia? Innanzitutto “buona relazione” significa che il/la paziente sente di potersi fidare della competenza e dell’umanità del proprio medico: «Dottore, sono nelle sue mani». Fidarsi significa affidarsi. Tutte le volte in cui sentiamo di poterci fidare e affidare – nella malattia come nella vita – si riducono la paura, l’ansia, il panico, l’angoscia: sentimenti che invece esaltano ed esasperano la percezione del dolore. I sentimenti negativi aprono tutti i circuiti nervosi che trasmettono i segnali di dolore: sia dalla periferia – l’organo infiammato e dolorante – al cervello, forzando il controllo di porta (“gate control”) a livello delle corna posteriori del midollo spinale, sia all’interno del cervello stesso. Ansia e paura aumentano adrenalina e cortisolo, gli ormoni dello stress, e mettono tutto il corpo e il cervello sotto il comandante dei tempi di guerra, il sistema simpatico. Di converso, la fiducia abbassa cortisolo e adrenalina, aiuta a respirare a fondo, abbassa il livello di allarme emotivo e regala un sorriso di sollievo quando il medico ci conforta e ci ascolta con attenzione e sollecitudine. Quando ci spiega problemi e scelte terapeutiche con semplicità, efficacia e chiarezza. La fiducia mette corpo e mente sotto il comandante dei tempi di pace, il parasimpatico: il/la paziente diventa più collaborativo, esegue meglio le terapie, affronta ogni difficoltà con più sicurezza e più positività, anche quando le prove sono difficili: «Non sa che coraggio mi ha dato con quell’abbraccio prima che andassi via, dottoressa. Anche se mi aveva detto che avevo un cancro al seno, quell’abbraccio e quel sorriso mi hanno tolto la paura».
Il potersi fidare e affidare contrasta la disperazione, anche nei momenti ultimi: «Dottoressa, lei che mi vuole bene mi lasci morire…». È duro e difficile anche per il medico accettare la morte di una paziente seguita per anni con amore e dedizione, con affetto profondo e ricambiato. Aggiunge un’altra paziente anziana: «Mi sono risvegliata dall’anestesia e il chirurgo, di cui mi fidavo molto, mi ha detto che tutto era andato bene. Dallo sguardo, dal sorriso e dalla voce ho sentito che era vero, che non erano parole di circostanza. Ho sentito un’ondata di sollievo. Mi sono riaddormentata per dieci ore. Ho sognato che ero bambina e correvo felice sotto il sole, in campagna. Tutti i medici dovrebbero fare così». Ci sentiamo più leggeri quando una diagnosi viene spiegata indicando chiaramente le soluzioni, anche impegnative, con capacità di far sentire la positività del percorso e degli esiti. 
Un aspetto sottile e potente che ogni buon medico sa gestire con sensibilità riguarda infatti il ruolo paterno e materno intrinseci a questa professione. Sono ruoli indipendenti dal genere del medico (anche se l’essere uomo o donna può rendere più facile l’esprimere l’uno o l’altro aspetto). Il ruolo paterno è attivo quando il medico dà regole e prescrizioni, fa interventi diagnostici o opera chirurgicamente. Il ruolo materno è attivo quando il medico si prende cura anche dei sentimenti, delle emozioni, delle paure e delle ansie del/la paziente. Quando si prende il tempo per guardare negli occhi cercando un contatto d’anima, quando stringe la mano, quando accarezza con gentilezza un volto spaventato, quando fa sentire al/la paziente che sta curando una persona che soffre, e a cui tiene, non un corpo o un organo malato. Ammalati, riemerge in noi il bambino solo e spaventato che cerca conforto. 
Formare medici competenti e umani, questo dovrebbe essere l’obiettivo principe dell’università e del ministero della salute. Ultimo aggiornamento: 15:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA