Alessandra Graziottin
PASSIONI E SOLITUDINI di
Alessandra Graziottin

Deboli perchè manca ancora un vaccino, ma l'80% guarisce in modo spontaneo

Lunedì 2 Marzo 2020
«Ho avuto solo una banale influenza». Nella percezione comune l’influenza è sempre stata percepita come un’infezione da poco, tre giorni a letto e buonanotte. Così poco meritevole di attenzione che ben il 45% della popolazione a rischio non si vaccina, pur avendo a disposizione vaccini efficaci e per di più gratuiti. Chi dovrebbe vaccinarsi? I bambini, le donne in gravidanza, gli anziani sopra i 65 anni, i pazienti oncologici o comunque immunodepressi. Invece si vaccinano poco anche gli operatori sanitari: ben il 57,2%, non si vaccina, e ancor peggio negli anni scorsi, con il 70,4% (!) di non vaccinati. È improbabile che un operatore che non si vaccina incoraggi a vaccinarsi (da anni mi vaccino e sono molto attiva nel proporlo: logico, no?). Eppure la vaccinazione antinfluenzale dovrebbe essere obbligatoria per ogni operatore sanitario (in assenza di specifiche controindicazioni) per la sua sicurezza e per protezione delle persone assistite ogni giorno. Un atto di responsabilità mancato. Leggete il report accurato della Regione Emilia Romagna, sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) (www.epicentro.iss.it/vaccini/pdf/report%20conclusivo).

Il virus influenzale ha ogni anno carattere epidemico: compare in Australia, o in Asia, circa sei mesi prima che da noi in Europa. Per questo possiamo avere poi vaccini efficaci, se il virus non è più rapido di noi. Nel 2019 il “normale” virus influenzale ha colpito 14,4 persone su 1000 per settimana (144 su 10.000). Si parla di Sindromi Influenzali (Influenza Like Illness, ILI) intendendo i nuovi casi/settimana diagnosticati dai medici del sistema di sorveglianza (“medici sentinella”) durante la settimana di riferimento. Negli anni recenti c’è già stata un pandemia (poco percepita) nell’anno 2009-10, che ha colpito 20 persone/per mille per settimana. La massima infettività risale nel 2004-2005, con 25 casi su 1000 per settimana. Qualcuno se ne è accorto o lo ricorda?
Tutti ci ricorderemo invece di questo annus horribilis. Cos’altro non ha percepito il cittadino comune, per mancanza di informazione adeguata e per opinioni ideologicamente distorte? Molti dati preziosi per mettere nella giusta prospettiva l’infezione da SARS-CoV-2 (già denominato 2019-nCoV o Covid-19). Le infezioni da virus influenzale, come tutte le altre infezioni, hanno due tipi di conseguenze. Quelle dirette, sul sistema respiratorio, e quelle indirette, in cui l’infezione aggrava condizioni patologiche preesistenti, fino a farle scompensare. Ogni anno, in Italia 300-400 persone muoiono per gli effetti diretti, una polmonite, dell’infezione del “banale” virus influenzale. Ben 4-10.000 persone (sic!), a seconda dell’aggressività del ceppo, muoiono ogni anno per gli effetti indiretti: la maggioranza non si era vaccinata, nonostante fosse a rischio, con una mortalità tra lo 0,10 e lo 0,18%. Ogni anno vengono monitorate in Italia, per disposizione del Ministero della Salute, le gravi infezioni respiratorie acute (Severe Acute Respiratory Infections, SARI), le sindromi da distress respiratori acuto (Acute Respiratory Distress Syndromes, ARDS), e i molti casi che hanno richiesto un ricovero in reparti di Terapia Intensiva o Rianimazione e che sono risultati positivi per virus influenzali. Qualcuno se ne è accorto?

Se il messaggio fosse passato in modo efficace: 1. (quasi) tutti ci saremmo vaccinati (e invece proliferano gli alternativi che tuonano contro i vaccini “a prescindere”, senza alcuna competenza); 2. (quasi) tutti avremmo adottato nella vita quotidiana le misure che ora ci avrebbero (più) protetti: una migliore igiene personale, minori contatti interpersonali in pubblico, il lavaggio frequente e accurato delle mani, insegnandolo bene anche ai bambini, l’uso della mascherina negli ambienti affollati, soprattutto per proteggere gli altri dalla nostra potenziale infettività (la mascherina è meno efficace nel proteggerci dai virus altrui).
Purtroppo l’informazione “panicogenica”, ossia che genera panico (il neologismo è mio), salvo qualche meritevole eccezione, è saltata sulla ghiotta opportunità di fare audience, incurante delle conseguenze. Ogni mezz’ora ci sentiamo dire che il numero dei morti è salito a 3, 5, 12, 25 (non 400…), senza specificare se per effetti diretti o indiretti (prima di arrivare a 10.000 ne corre…), che il contagio è salito, che il virus si sta diffondendo oltre le zone rosse, scatenando un allarme e una percezione di incombente disastro, quasi dovesse arrivare la terza guerra mondiale.
Che cosa ha percepito il cittadino comune? Che questo è un virus infinitamente più pericoloso della normale influenza. Falso, lo è poco di più… ma non abbiamo il vaccino, che per l’altra c’è e protegge molto. Che è fatale. Falso: la vasta maggioranza delle persone colpite, più dell’80%, guarisce in modo spontaneo. Il 17-18% guarisce grazie a cure mediche tempestive. Il 2,3-2,5% degli infetti può morire, soprattutto per effetti indiretti, perché anziani e/o già affetti fa patologie gravi. Attenzione: la maggioranza muore con il virus, non per il virus. I rischi sono comunque decisamente inferiori a due altre infezioni da coronavirus, di cui in Italia non si era affatto percepita la pericolosità: la mortalità della SARS-CoV asiatica (Severe Acute Respiratory Syndrome) del 2003 è stata del 10%; quella della MERS-CoV (Middle-East Respiratory Syndrome-Coronavirus), del 2013 è stata del 35%. Qualcuno se ne è accorto? 
L’effetto collaterale più drammatico della mala informazione sull’infezione dall’ultimo coronavirus (SARS-CoV-2), a breve e lungo termine, sarà quello sull’economia. Borse a picco, con miliardi bruciati in pochi giorni. Turismo e ristorazione ai minimi storici da decenni. In crisi nera Lombardia e Veneto, le due regioni più operose e lungimiranti d’Italia, che da sole fanno il 31% del PIL.
Gli italiani hanno due comportamenti opposti, nei confronti dei virus influenzali, a seconda di quanto ne percepiscano la pericolosità. Banalizzazione estrema nel caso dell’influenza normale. Paranoia e comportamenti insensati (quali l’assalto ai supermercati) nel caso del SARS-CoV-2. È urgente un’autocritica anche sul fronte dei media: più costanza di informazione quando gli eventi (come la normale influenza) sono seri ma non fanno moda o trend, più equilibro e ponderatezza di toni quando gli eventi sono più impegnativi. Il costo diretto e indiretto di un’informazione che ha premuto il piede sull’acceleratore della paura e del panico sarà altissimo e di lunga durata. E ben più dannoso del SARS-CoV-2 in sé.
  Ultimo aggiornamento: 16:16 © RIPRODUZIONE RISERVATA