Alessandra Graziottin
PASSIONI E SOLITUDINI di
Alessandra Graziottin

Adozioni e gay, sempre e comunque dalla parte del bimbo

Lunedì 16 Maggio 2016
“Se lei fosse un bambino e potesse scegliere, vorrebbe avere un padre e una madre, due madri oppure due padri?”. Cari lettori e lettrici, che cosa rispondereste? Credo che l’85-90 per cento degli italiani direbbe: “Vorrei un padre e una madre”. Con tutti i limiti che la coppia genitoriale uomo-donna può avere, resta ancora il modello consolidato di riferimento evolutivo dal punto di visto del bambino. Sui diritti degli adulti ad avere figli, ad ogni età, in ogni condizione e in qualsiasi situazione relazionale, si è già sentito e visto di tutto. Si riflette molto meno sui diritti di ogni bambino di partire, almeno all’inizio, con un padre e una madre. Quali sono gli elementi fondanti di questa necessità psicoemotiva e sessuale? La prima riguarda la costruzione dell’identità sessuale, che ci dà poi la convinzione, e la soddisfazione, di appartenere al genere biologico, e anagrafico, presente alla nascita, con le mille implicazioni che poi questo comporta. La costruzione dell’identità sessuale, dinamica e molto vulnerabile ai traumi affettivi, si fonda su due grandi processi: l’identificazione con il genitore dello stesso sesso, in cui il bambino o la bambino si rispecchia e da cui apprende, per imitazione, il primo codice di identità di genere (“sono una bambina” oppure “sono un bambino”); e la complementazione con il genitore del sesso opposto. Il maschietto con due mamme con chi si identifica? Con quella più mascolina? E la bambina con due papà con chi si identifica? Con quello più effeminato? 
Problema ancora più complesso nelle situazioni di identità sessuale fluida o di transgender. “Non ci sono differenze, non importa il sesso dei genitori, basta che il bambino sia amato”. Se l’amore è qualcosa di più di un’abusata parola, è indispensabile che venga sostanziata nei fatti, che non sono così rassicuranti come si sostiene con fermezza, coprendo vuoti pesanti sul fronte della ricerca clinica con dinamiche ideologiche. 
Il secondo elemento di perplessità riguarda le dinamiche in gioco nel caso di utero in affitto, necessario se la coppia è gay. Il terzo riguarda l’accettazione del bambino, che ha questo scenario genitoriale, da parte degli altri bambini. Con il conformismo imperante, e il bullismo epidemico, chi può con certezza escludere che un bambino in questa situazione non diventi oggetto di aggressioni? Soprattutto se è un bambino già più fragile proprio perché amato sì, ma con forti asimmetrie affettive e di genere nella coppia parentale. Già lo vediamo in situazione più “accettate” come i figli tardivi. “Mio figlio mi ha chiesto di non andare più ad accompagnarlo a scuola perché sembro sua nonna, e non sua madre, e lui si vergogna perché le altre mamme sono giovani e belle e io vecchia, brutta e grassa (testuale). E gli altri lo prendono in giro”. Così mi ha detto una collega americana, madre single con donazione di sperma a 50 anni e che ora, a 60, ha un figlio decenne che la rifiuta in tutto. E se la situazione con due mamme appare più facile da far accettare socialmente, quella con due padri appare più problematica. Negare che i problemi possano esistere non giova alla causa. La negazione non è mai un buon metodo per affrontare problemi di cui vediamo premesse importanti.
Quarto elemento: se già la stabilità della coppia genitoriale eterosessuale è oggi sempre più precaria, con ripercussioni anche gravi sull’equilibrio del piccolo, quali possono essere le conseguenze della rottura di una coppia gay (più frequente in quelle maschili)? Non sappiamo. Nel dubbio, è meglio essere molto prudenti. Benissimo quindi che sia stata approvata la legge sulle unioni civili. Sull’adozione, sto dalla parte dei bambini. Si parla tanto dei loro diritti, ma l’uso strumentale che ne viene fatto, e non solo sul fronte della adozione da parte di coppie omosessuali, è davvero molto inquietante.
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