Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 79, giorno 8. Genitori e figli:
tragedie nel cuore dell'incomprensione

Giovedì 8 Settembre 2022

È una storia tragica quella che racconta “Saint Omer” della francese Alice Diop, fin qui apprezzata documentarista e al Lido con il suo esordio di finzione, unica opera prima tra l’altro in Concorso. La giovane scrittrice Rama di origine senegalese si reca a Saint Omer per assistere al processo a Laurence Coly, rea di aver annegato la propria bambina di pochi mesi, abbandonandola in una riva del nord della Francia prima dell’alta marea. La lunga fase processuale porta a comprendere come la madre sia stata ulteriormente negligente, evitando di parlare con qualcuno della propria gravidanza e non registrando nemmeno la nascita della bambina, di fatto una persona “invisibile”. A poco a poco Rama resta toccata dalle deposizioni della giovane madre, anche lei immigrata, perdendo certezze su se stessa e sul fatto. Alice Diop, da non confondere con Mati Diop che vinse il Grand Prix a Cannes 2019 con “Atlantique”, inchioda la storia, da lei scoperta seguendo esattamente un processo simile, in una statica sequenza di inquadrature fisse dove l’accusata è alternata al giudice o agli avvocati in aula: da questo punto di vista, con un’annotazione notarile, la ricostruzione della vicenda avviene tramite la testimonianza, nella quale la giovane madre non sa spiegare perché prima abbia occultato attesa e nascita della piccola e soprattutto dopo l’abbia uccisa. Per un’ora abbondante il film procede in questo modo piuttosto sfiancante, che può mettere a dura prova lo spettatore. Ma nella seconda parte, quando si intersecano le vicende delle due ragazze e si esce dal tribunale, il film è libero di creare un’atmosfera di inquietudine costante che cattura, mentre il reato chiede di non essere soltanto giuridicamente perseguito, ma esaminato sul perché sia potuto accadere. Molto brave le due protagoniste. Voto: 7.

Purtroppo l’atteso film di Florian Zeller, dopo il buon successo di pubblico e critica di “The father”, è una inaspettata delusione. Qui oltre a ribaltare il punto di vista del film della Diop (il protagonista stavolta è il figlio), rovescia anche quello del lavoro precedente di Zeller. La vita dell’adolescente Nicholas (Zen McGrath, candidato alla coppa Mastroianni) procede apparentemente tranquilla. Vive con la madre separata (Laura Dern), mentre il padre (Hugh Jackman), ora avviato a carriera politica, ha una nuova compagna (Vanessa Kirby), unione dalla quale è nato da poco un altro bimbo. Ma la scoperta che Nicholas, incapace di accettare il divorzio dei suoi genitori, non va a scuola da mesi, non ha amici e soprattutto ha mire autolesioniste, rompe in modo drammatico la tranquillità dei vati legami. Zeller, autore anche della sceneggiatura con Christopher Hampton, non crea con “The son”, anche da un punto di vista formale, una frattura esistenziale e spaziale tra la realtà e la sua visione distorta (lì il padre era affetto da Alzheimer), ma si limita a una progressione negativa degli eventi, facilmente ipotizzabili da una sceneggiatura che lascia fin troppi indizi. Ne esce un melodramma familiare, dall’andamento piatto, con un carico lacrimale ben calcolato e nel finale anche un po’ ricattatorio, dove il cast sembra l’unico valore di rilievo (c’è anche un cameo di Anthony Hopkins, il precedente “father”). Voto: 5.

Infine “Call of God”, ultimo film postumo di Kim ki-duk, scomparso quasi due anni fa in Lettonia per il Covid, è una specie di summa definitiva sulla vita, l’amore, la gelosia, la morte, girato in bianco e nero (tranne il finale), dove un incontro casuale innesca una relazione e le sue complicazioni. Piccola opera imperfetta e sbrigativa davanti al baratro dell’esistenza, gioca sul confine tra realtà e sogno, tempo presente e profezia, qui evidenziata da una telefonata al cellulare. Ma come a tutti i commiati, per più di un motivo, non si può non volere comunque bene. Voto: 6,5.

 

Ultimo aggiornamento: 16-09-2022 09:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA