Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 78, giorno 3. Lo Shining di Larraín
Dune troppo mosse, Villeneuve a ricalco

Sabato 4 Settembre 2021

Non c’è figura popolare e tragica negli ultimi decenni come Diana. La sua morte, che ha agitato spesso pensieri di complotti, è stata un autentico trauma collettivo e ancora oggi il suo ricordo è vivissimo. Era quindi un’idea rischiosissima portare sullo schermo un biopic o un ritratto personale di una persona così “ingombrante”, anche se Pablo Larraín aveva affrontato già un’altra icona dalla notevole e controversa immagine: Jacqueline Kennedy, poi Onassis, uscendo decisamente integro. Come con “Jackie”, il regista cileno affronta con lucidità l’immagine riflessa all’esterno del Potere (in questo caso la Casa reale britannica) attraverso la persona che lo attraversa, portando Lady D a farsi soggetto di una ribellione a regole e imposizioni secolari e soprattutto ridicole, come quella della registrazione del peso in entrata e in uscita. Siamo nella residenza reale di Sandringham, nei tre giorni a cavallo del Natale, quando la famiglia si scambia i doni. “Spencer” (dal cognome di Diana) inizia come uno dei film sulla dittatura cilena che hanno reso famoso e importante Larraín: una sfilata di camion militari nella campagna del Norfolk che per fortuna trasportano solo derrate alimentari. Mentre tutti rispettano orari e protocolli reali, Diana si perde nella campagna, giungendo assai in ritardo. Da qui e per i giorni seguenti, la principessa del Galles è interprete di continue conflittualità con tutti, che dimostrano inquietudini crescenti e futuri di devastanti, definitivi distacchi. Larraín trasforma la lussuosa resistenza in una sorta di prigione, che chiude porte e finestre al mondo, nella quale Diana si sente prigioniera (diverse infatti sono le “fughe”), ma cinematograficamente fa di più: firma il suo “Shining” dove la residenza sembra un ulteriore Overlook hotel, dove in Diana sorge un sospetto di pazzia crescente, ma fa di più: la scena della cella frigorifera, i corridoi, l’uscita nottura con la torcia e lo scambio di persona allo specchio, come nella camera kubrickiana 237 sono eloquenti. Parlando di favola tratta da una tragedia vera, come si avverte a inizio film, ogni libertà interpretativa è ammessa. Ci sono grandi, sontuosi momenti di cinema (struggenti quelli in cui si rifugia a parlare con i figli), e qualche piccolo difetto: simbolismi forse eccessivi, un’insistenza sul parallelo con Anna Bolena (qui come fantasma) e un finale che doveva essere troncato sulla fuga in macchina con i figli al suono di Mike+The mechanics. Ma siamo di fronte a un bellissimo film (la spettrale cena con il gruppo d’archi), dove Kristen Stewart evita il ricalco (non un Favino-Craxi, per intenderci), cercando di uscire da un facile stereotipo. Possibile Leone. Voto: 8.

Di altri re e imperatori si parla anche in “Dune” (Fuori Concorso), ma siamo tra le galassie nel lontanissimo futuro del 10191, sul pianeta Arrakis (detto appunto Dune). Già fonte della precedente trasposizione di David Lynch e ispiratore della saga lucasiana di “Star wars”, il romanzo di Frank Herbert narra di puntuali lotte di potere, tra gli Atreides e gli Harkonnen, nel deserto del pianeta dal quale si estrae la “spezia”, che permette viaggi interstellari e altre fondamentali risorse, dove vivono i nativi Fremen e i pericolosissimi vermi del deserto. Se Lynch aveva privilegiato verbosità e scene interne, Villeneuve usa lo spazio esterno, dove l’azione ha il sopravvento. Spettacolare come non mai, martellante e debordante, in realtà vive di un immaginario ormai consolidato, che non stupisce più di tanto e l’intreccio risulta più superficiale, pur restando fedele al romanzo e alla versione lynchiana. Com’è noto, è solo la prima puntata. Voto: 6.

Tornando al Concorso lascia tiepidi “The lost daughter” dell’esordiente Maggie Gyllenhaal, già attrice affermata e sorella di Jake, che dal romanzo “La figlia oscura” di Elena Ferrante, porta Leda (l’ottima, come sempre, Olivia Colman) su una spiaggia greca, sola e problematicamente egoista, madre di due figlie grandi e separata da tempo. Qui, tra ostilità locali, intrecci amorosi, smarrimenti e azioni non esemplari, si parla soprattutto di donne e maternità problematiche. Resta tutto in sottotono, un po’ sciatto e poco attrattivo. Voto: 6.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 07:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA