Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 77, giorno 8
Le sorelle Macaluso: non decolla l'Italia

Giovedì 10 Settembre 2020

Si chiude il poker di film italiani e le carte in mano non mettono euforia, anzi. Nemmeno l’ultimo in Concorso, “Le sorelle Macaluso”, lascia un ricordo resistente, articolato com’è nel catalogare la vita di cinque sorelle, dall’infanzia alla vecchiaia, in tre fasi distinte, che comprendono anche l’età adulta. Diciamo subito che l’opera seconda della regista palermitana (il suo esordio avvenne proprio qui al Lido con “Via Castellana Bandiera”, nel 2013) non ha quell’idea narrativa che fu allora vincente, trasformando un banale problema con l’auto in una lettura attenta e profonda di disagio sociale. Anche qui, in un film comunque tratto da una pièce teatrale della stessa regista, si attinge a una coralità di personaggi, ma il respiro si fa più corto, non solo perché si resta all’interno di un unico gruppo familiare, ma soprattutto per le dinamiche piuttosto scontate, anche nelle declinazioni del destino, che vengono scandite puntuali, dalla scoperta del sesso alle malattie o alle tragedie. Così tutto sembra obsoleto, anche una regia che si sforza attraverso sterzate continue di superare la declinazione teatrale, un po’ come la casa di famiglia, che alla fine viene denudata dell’arredamento, denunciando un ambiente che mostra il peso del tempo. E purtroppo quello che sembra poco, diventa addirittura troppo: dalle liti che con l’età si intensificano alla nostalgia che prende il posto della speranza, dai cassetti che si aprono e che contengono i ricordi della fanciullezza fino agli invadenti piccioni, allevati da sempre in casa, che alla prima apparizione sono un felice stacco di montaggio e poi diventano una metafora insistita. Un film decisamente vecchio come idea e stile ed è un peccato, perché da Emma Dante ci si aspettava decisamente di meglio. Voto: 5.
Quanto meno più divertente l’altro film in Concorso della giornata, firmato dal nipponico Kiyoshi Kurosawa, che ci porta all’alba della Seconda Guerra Mondiale a Kobe, dove un imprenditore locale, con il pallino per il cinema, viene a conoscenza di un piano strategico messo in atto dalle autorità giapponesi con armi batteriologiche. La situazione si ingarbuglia con il ritrovamento di un cadavere femminile, che insinua alla moglie dell’imprenditore il sospetto che il marito possa tradirlo. Ma la vicenda è ancora più complessa. “Wife of a spy” (Moglie di una spia) è appunto una spy-story avventurosa e piena di colpi di scena, che il regista di “Cure” e “Seventh code” (premiato a Roma), all’interno di una filmografia fluviale, mappa con eleganza, soffermandosi tuttavia poco sugli aspetti politici della vicenda, che coprono l’intero arco della guerra (il finale è praticamente alla vigilia della tragica conclusione con la bomba atomica). Al suo primo film che guarda al passato, Kurosawa firma un melò, dove anche se i passaggi narrativi salienti non sempre funzionano, la trama cattura e il film è tra quelli che meglio rispecchiano i risultati alle aspettative. Voto: 6,5.
Visto in “Orizzonti”, “Selva trágica” della messicana Yulene Olaizola, che si svolge al confine tra Messico e Belize, dove nella fitta giungla un gruppo di uomini intenti all’estrazione della gomma, trova una misteriosa donna, scampata alla caccia degli inglesi. Un film che si muove tra corpi e fantasmi, lampi di erotismo e morti cruenti, lasciando intatto i segreti di un luogo inaccessibile e pericoloso. Sospeso in un’atmosfera crescente di tensione, popolato da animali feroci, è un’opera piccola e interessante sulla lotta intensa tra uomini e natura, dove le leggende corrono veloci quanto la paura. Voto: 6,5.

  Ultimo aggiornamento: 07:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA