Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Venezia 75, giorno 2. Donne da Leone
le buone di Cuaron, le crudeli di Lanthimos

Giovedì 30 Agosto 2018

Nelle giornata quasi interamente dedicata alle donne, che dovrebbe un po’ zittire tutte le polemiche sul machismo della Mostra, ecco avanzare due film che si candidano già da adesso a un premio, che potrebbe anche essere il Leone e questo vale soprattutto per “ROMA” (tutto maiuscolo), magnifica lettura della memoria ambientata nel Messico anni ’70, attraverso la vita quotidiana di una famiglia borghese con relative domestiche in un quartiere della capitale chiamato appunto Roma.
Prodotto, scritto, diretto, fotografato e montato da Alfonso Cuarón, qualche anno fa a Venezia con “Gravity” è una specie di diario autobiografico dello stesso regista. Siamo subito dopo i mondiali messicani (quelli del celeberrimo Italia-Germania 4-3), in un clima di contestazione sociale da parte dei movimenti studenteschi. La vita scorre fintamente serena in una famiglia, dove la madre e i figli vengono abbandonati dal marito. Concentrato sulla figura della domestica Cleo (la nota più personale del regista), una indigena che parla una lingua locale, sovrappone i problemi familiari e personali a quelli di un intero Paese, dove le minacce, anche naturali come terremoti e incendi, sono all’ordine del giorno. Recitato perlopiù da attori non professionisti, sontuosamente illuminato in bianco e nero, esteticamente elegante nel suo ricorrente uso di panoramiche e carrelli, ordinato in piani-sequenza che dilatano lo spazio e il tempo, con scene di massa entusiasmanti che contribuiscono a dare un significato fortemente politico al racconto, mostra come il mondo sia governato fortunatamente dalle donne, di fronte all’assenza meschina dei maschi (il marito che lascia la famiglia, il giovane che mette incinta Cleo e se ne va con una scusa dal cinema dove la coppia sta guardando un film), riannodando la memoria nel flusso gerarchico dei rapporti. Troppe le sequenze meravigliose per elencarle, ma certamente quella finale sulla spiaggia è di un’intensità quasi insostenibile. Voto: 9.
Anche da parte del greco Yorgos Lanthimos, solitamente irritante, arriva uno squillo importante. “The favourite” è senza dubbio il suo film migliore, proprio perché la storia è di per sé già cinica e crudele, da non richiedere ulteriori, pesanti accanimenti, che Lanthimos solitamente non evita. Siamo nell’Inghilterra del XVIII secolo, alla corte della regina Anna, durante la guerra contro la Francia. Un giorno arriva Abigail (Emma Stone), una nobile decaduta per un ruolo da cameriera: dapprima umile, si insinua nel rapporto lesbico tra la stessa regina (Olivia Colman) e la duchessa di Marlborough (Rachel Weisz), che di fatto governa la Nazione, fino a sostituirla nel ruolo (anche di letto). Scritto con acre sarcasmo, con dialoghi avvelenati in punto di fioretto e una matrice che ricorda "Eva contro Eva", è un’opera buffa e violenta, esatto opposto del mondo femminile di Cuarón, dove le donne mostrano il loro lato malvagio, per avidità e potere. Un barocco gioco spietato al massacro, al ritmo di sarabanda barrylindoniana. Voto: 7,5.
Finisce così per scomparire il terzo film in concorso della giornata, schiacciato dagli altri due e quindi ancora più dimenticabile. Nell’America degli anni ’50 un ragazzo problematico (senza madre e successivamente anche senza padre: l’emergente Tye Sheridan), segue pericolosamente le orme di un lobotomista (Jeff Goldblum), in un percorso che lo vede via via immedesimarsi nei pazienti. Desaturato fotograficamente e nelle emozioni, coerente comunque in una messa in scena tristemente scarna, “The Mountain” dello statunitense Rick Alverson, sfiorisce presto, lasciando spazio a un catatonico, disperato punitivo viaggio contro se stessi. Voto: 4.

  Ultimo aggiornamento: 23:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA