Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Un Ospite innocuo, un Nido dal quale fuggire
Wenders non emerge, Tesnota "invisibile"

Mercoledì 21 Agosto 2019

L’OSPITE-UN VIAGGIO SUI DIVANI DEGLI ALTRI
– Guido e Chiara stanno insieme. Chiara probabilmente incinta. Chiara e Guido si lasciano. Guido girovaga tra la casa dei genitori e quella degli amici, dove scopre che le relazioni tra le persone sono assai diverse da come appaiono. Dopo il bizzarro, ma assai fragile, “Short skin”, Duccio Chiarini costruisce l’ennesimo universo problematico generazionale, non andando mai oltre la superficie e accontentandosi di una commedia lieve, che vorrebbe essere profonda, ma non lo è. Nessuno si aspettava dinamiche alla Assayas, che con il recente “Gioco delle coppie” ragiona sulla contemporaneità e usa la consueta ronde degli amori come pretesto, ma almeno “Perfetti sconosciuti” provava ad affrontare, con una certa cattiveria, la caducità dei legami e i loro tradimenti. Qui è tutto stemperato in una sospensione malinconica (si veda il finale), dove tutto diventa piacevolmente innocuo. Daniele Parisi, che ovviamente è Guido, attraversa il film come un replicante di Valerio Mastandrea. Totalmente evitabile il lungo sottotitolo.  Voto: 6.

THE NEST – Samuel è un docile bambino che ama la musica (suona brani classici al piano) che vive con l’austera, crudele mamma in una sinistra villa, in un grande parco, estranea al mondo, dal quale è separata da un cancello sorvegliato da due balordi boscaioli. Nella villa abita anche un medico che assomiglia a Buster Keaton e ha la passione della lobotomia. L’arrivo di Denise, una ragazza con la quale Samuel entra subito in sintonia, fa degenerare la controllata tranquillità del luogo. L’esordiente italiano Roberto De Feo descrive, in modo già maturo e consapevole, attraverso atmosfere inquietanti, una storia perversa di amore e ferocia, di protezione e prigionia, tra contrappunti gotici e derivazioni fin troppo chiare, da Shyamalan ad Amenàbar. Ne esce un horror che usa il genere per interrogarsi metaforicamente sui muri sociali di oggi, dove De Feo si dimostra abile, con una regia vivace e solida. Finale non banale e attori credibili. Voto: 6,5.
SUBMERGENCE –
Lui (James McAvoy) è James, all’apparenza un cooperante internazionale, ma in realtà una spia al servizio britannico: arrivato in Somalia, lo pestano di botte e lo scaraventano in un buco senza cibo e luce. Lei (Alicia Vikander) è Danielle, è per davvero una bio-matematica che studia i fondali degli oceani. Li vediamo all’inizio insieme e per tutto il film si spera che possano alla fine riabbracciarsi. Le narrazioni corrono parallele, in modo quasi distaccato e non riescono a creare empatia. Tutto è convenzionale, quasi scolastico e il melò che emerge non si infiamma mai. Wenders ormai ha smesso da tempo di stupire. E chissà se mai riuscirà a rifarlo. Voto: 5.
TESNOTA
– La grande sorpresa di Cannes 2017, figlia del russo Kantemir Balagov , esordiente non ancora 26enne, che formatosi alla corte di Sokurov, firma un film impressionante per storia, sguardo e forma estetica. Siamo nel 1998 nel Caucaso settentrionale, in una zona attraversata da forti conflittualità, tra ebrei (una minoranza mal vista) e musulmani. Una famiglia con due figli, uno viene rapito, l’altra è una ribelle che non vuole accettare il matrimonio imposto dalla famiglia, mentre da una vhs scorrono le brutali esecuzioni della guerra in Cecenia. Formato 4:3, corpi e ai volti sempre in campo stretto, un rigore formale e narrativo che lascia stupiti per un esordio. Balagov, che nel frattempo ha portato a Cannes quest’anno la sua seconda opera “Beanpole”, altrettanto notevole, mette i brividi, in modo esemplare e sorprendente. Bravissimi anche gli interpreti. Purtroppo lo si trova in pochissime sale, solita storia. Voto: 8.
  Ultimo aggiornamento: 17:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA