Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Torino 39/2. Gianni Schicchi, brillanti idee
Non funziona 14 giorni: frivole chiacchiere

Martedì 30 Novembre 2021

 

GIANNI SCHICCHI di Damiano Michieletto (Fuori Concorso) – Rilettura del celebre atto buffo musicato da Giacomo Puccini da parte del regista teatrale veneziano Damiano Michieletto, che esalta i toni grotteschi della truffa perpetrata ai danni degli eredi di Buoso Donati (un Giancarlo Giannini, che entra in confidenza diretta con lo spettatore), suggellandone una dimensione deforme attraverso l’uso interno del grandangolo e unisce il percorso attraverso una predisposizione pop, legata a una contemporaneità anche dei linguaggi. Un’operazione intelligente e divertente. Voto: 7.

NON TI PAGO di Edoardo De Angelis (Fuori Concorso) – Edoardo De Angelis prosegue la sua attenzione verso il teatro di Eduardo (qui anche presente, in accoppiata, con “Sabato, domenica e lunedì”), dopo “Natale in casa Cupiello”, addomesticando il celebre testo con un’impostazione vibrante di una rilettura in sintonia con l’oggi. Ne esce una versione gustosa, non priva di qualche accento sintomatico di una messa in scena rispettosa e al tempo stesso personale, con un Castellitto in gran forma (anche se di “napoletanità” incerta) e con un cast che regge benissimo alle caratterizzazioni dei vari personaggi, che rivestono una composizione sociale precisa (l’avvocato, il prete…). Resta da capire solo dove porti questo energico filone e soprattutto quale possa essere il suo “interesse” cinematografico. Voto: 6,5.

QUATTORDICI GIORNI di Ivan Cotroneo (Fuori Concorso) – Costretti a rimanere in casa per aver avuto un contatto con un contagiato da Covid, Marta e Lorenzo, con un matrimonio ormai al capolinea e in procinto di separarsi definitivamente, vivono le due settimane di quarantena, interrogandosi ogni giorno sul loro rapporto. Uno psicodramma claustrofobico che Ivan Cotroneo scandisce in modo ripetitivo, siparietti continuativi che partono sempre in sordina e in placida resistenza per sfociare ogni volta in una rottura rumorosa, in cui ognuno vomita addosso all’altro le proprie ragioni. Privo di musica, si regge sulla forza tellurica dei due attori (Carlotta Natoli e Thomas Trabacchi), ma crolla rovinosamente sulla scrittura, che è un raro concentrato di banalità e chiacchiericcio, che vorrebbe dimostrare l’inquietudine di ogni repressione che si annida dentro la vita di coppia, turbamenti esistenziali che si premurano di mettere in campo le conoscenze culturali della coppia, soprattutto letterarie e cinematografiche, in un modo spesso stucchevole e meccanico. Un kammerspiel che vorrebbe essere feroce, ma fa il solletico. E con un finale accomodante (che si intuisce fin dal secondo giorno) e piuttosto sbrigativo, nella sua elaborazione. Su 14 giorni, 13 sembrano di troppo. Come poi capita spesso nel cinema italiano, le case dei protagonisti borghesi sembrano uscire da una rivista patinata di arredamento. Voto: 4.

 

 

Ultimo aggiornamento: 12:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA