Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Torino 39/1 - Memorie dal Libano distrutto
e thriller tra acque e zone isolate

Lunedì 29 Novembre 2021

In un contesto decisamente più mesto del solito, il Torino Film Festival al momento cerca i suoi fasti passati, ma l’atmosfera (e un po’ tutto) non aiuta.

IMMERSIÓN di Nic Postiglione (Le stanze di Rol) – In vacanza al lago, padre e due figlie s’imbattono, durante un’escursione in barca, con due naufragi che chiedono aiuto. Accolti a bordo, i due continuano a ripetere di cercare un compagno scomparso. Intanto tra i due e la famiglia si instaura un clima incerto di reciproco sospetto. Un’opera prima che affronta il tema del pregiudizio e della paura, anche in chiave classista, nel silenzio di una natura solitaria, che alimenta le dinamiche ansiogene. Postiglione mostra già un’abilità non comune nel rappresentare la tensione, il sempre convincente Alfredo Castro dà al padre quelle sfumature ambigue di un comportamento cangiante e irresponsabile. Voto: 7.

COMING HOME IN THE DARK di James Ashcroft (Le stanze di Rol) – Un insegnante, la moglie e due figli si recano in una zona isolata neozelandese per fare un picnic, ma vengono avvicinati da due estranei, che si dimostrano subito palesemente pericolosi. È solo l’inizio di una giornata da incubo. Ashcroft per una buona metà si impegna a disegnare una situazione da funny game, ponendo una famiglia sul baratro della tragedia, virando poi su coordinate più vicine a La morte e la fanciulla. Un revenge-movie sulle coordinate del Male, il cui lato peggiore non è quello più appariscente. I fantasmi del passato escono con violenza fisica e psicologica, la catarsi trova un inaspettato finale, ma se la prima parte è secca e angosciante, la seconda inserisce troppi flashback e una parentesi (il gruppo di ragazzi sulla macchina da corsa) che distoglie la spietata progressione degli avvenimenti. Voto: 6,5.

JE VEUX VOIR di Joana Hadjithomas, Khalil Joreige (Retrospettiva) – Più di decennio fa Catherine Deneuve arriva a Beirut e si fa accompagnare da un noto attore libanese, Rabih Mroué, dalla periferia della capitale fino al sud del Paese, ai confini con Israele, per vedere con i propri occhi ciò che ha sempre sentito: la distruzione del Libano, le macerie di ciò che resta dei bombardamenti, il vivere quotidiano tra la paura anche di saltare sopra una mina. A bordo di un’auto l’attrice francese entra nel cuore di una guerra mai sopita e mai sepolta. La coppia di registi, il cui ultimo notevole film “Memory box”, è presente qui a Torino, ma soprattutto era passato all’ultima Berlinale, affronta un road movie della conoscenza e della memoria, riflettendo sulla finzione del cinema e al tempo stesso sulla verità delle immagini. Un percorso straordinario, con momenti di grande commozione: la vana ricerca da parte di Rabih, nel paese della sua infanzia, della casa della nonna, ormai ridotta come le altre in pietre ammassate; il volto di Catherine attraverso i vetri dell’auto che osserva le macerie riflesse, in mondo da sovrapporre il suo sguardo a quello dell’osservatore senza l’uso classico della soggettiva; le ruspe in riva al mare, che accolgono gli scheletri di ferro e i mattoni di tutte le case distrutte; la scena finale nel grande albergo della capitale, dove si dimostra come la politica e la diplomazia siano totalmente lontane dal dolore e dalle macerie. Un recupero molto importante di una coppia di registi sorprendenti. Voto: 8.

Ultimo aggiornamento: 15:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA