Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Parola e immagine: bell'inganno di Desplechin
Bad roads, profezia di un conflitto già in atto

Venerdì 29 Aprile 2022

Bisognerebbe tenersi stretto e caro un regista come Arnaud Desplechin, capace di far vibrare storie ed emozioni, scrittura e immagine, legandole profondamente, ragionando sulla loro connessione, sulla loro capacità di sconfinare dallo schermo e farsi vita. Verità e inganno, come forse mai aveva fatto finora, pur nella sua ricerca “teorica” (non si dimentichi il penultimo, bellissimo, film “Roubaix, une lumière”, in questo fondamentale ed esemplare), in un continuo rimbalzo di scene, che si inghiottono l’una con l’altra, divise per capitoli, come vasi comunicanti, che si guardano e si parlano (non a caso il film si apre su uno split-screen New York/Londra), attratte da un magnetismo narrativo, che sconfina sui corpi, nella mente. Desplechin prende, dopo tanti anni di attesa e soprattutto a causa della pandemia, un romanzo di Philip Roth (“Deception”), difficilmente pensabile per lo schermo, e lo trasforma in un cinema da camera quasi straniante, voci narranti che si rincorrono, parole che diventano immagine, forza ed eleganza. Philip è anche il nome del protagonista: è uno scrittore americano che nel 1987 decide di trasferirsi a Londra. Il suo matrimonio è in crisi; ha un’amante inglese, anche lei in pieno turbamento coniugale. Ma non è l’unica donna di cui facciamo la conoscenza. Nel gioco degli specchi ne appaiono altre, come facessero parte tutte di un immaginario femminile, composito e complesso, il quadro personale di una ricerca tenace che alimenti anche la sua scrittura, dove, nel percorso inverso, la carne si fa romanzo. Sta quasi tutto in questo il fascino e la bellezza di “Tromperie”, che esprime il meglio attraverso la sua architettura. E l’amore diventa il centro nevralgico di ogni azione. Si condensa nei dialoghi, nelle discussioni, negli scompensi di una umanità che vuole catturare l’essenza, tra egoismi, slanci, digressione politiche, perfino processi costruiti attorno alla colpa di un maschilismo dello scrittore, scarto narrativo ancora più surreale. Nello sguardo di Denis Podalydès, che è un Philip di sfuggente attrazione, compostamente febbrile nella sua ossessione, si percepisce il bisogno di comprendere il desiderio e la sua finitezza, l’uomo che esplora se stesso, i suoi segreti, le sue passioni, i suoi limiti. Non sono da meno le donne che lo accompagnano in questo vagare continuo, a cominciare dalla splendida Lèa Seydoux, quasi inafferrabile ed enigmatica, capace di entrare e uscire dalla scena con una leggerezza stordente, senza dimenticare il personaggio più tormentato (Rosalie) a cui Emmanuelle Devos contribuisce con mirabile sofferenza. Ne esce un film che potrà anche stordire nella sua complessa semplicità, dove realtà e immaginazione si confondono, come figure prigioniere della mente che cercano la propria strada. Voto: 7,5.

BAD ROADS - LE STRADE DEL DONBASS - Prima della guerra di oggi, parlando della guerra che già era iniziata. Quattro storie diverse tra di loro, ma collegate dalla medesima tensione, paura, sia a un posto di blocco, sia nelle chiacchiere tra ragazze, in un sequestro di persona, nella banalità di una casa contadina. Della guerra arrivano già gli echi: in lontananza rumori sinistri di mitragliatrici, esplosioni. Nella profezia di un conflitto che si sarebbe presto drammaticamente espanso, il clima è già insostenibile. Le parole e i gesti sono ostili, minacciosi, dove tutto può solo degenerare. Una delle scoperte più laceranti e illuminanti della Settimana della Critica a Venezia 2020. Voto: 7,5.

GLI AMORI DI SUZANNA ANDLER - In Costa Azzurra, dove sta con l’amante, Suzanna (Charlotte Gainsbourg), si reca in una lussuosa casa sul mare per affittarla durante l’estate. Un film diviso in tre quadri, dall’impianto teatrale (è tratto da una pièce di Marguerite Duras), dalla densa sceneggiatura, nonostante l’esigua presenza di personaggi, di forte tendenza intellettuale. Forse alla lunga un po’ noioso, ma capace di scavare in maniera chirurgica il male di vivere sospeso tra la routine agiata e monotona e la voglia di una libertà inafferrabile che può anche spaventare. Voto: 6,5.

Ultimo aggiornamento: 09:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA