Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

L'Uomo oggetto di seduzione e crudeltà:
Sofia Coppola e la Guerra Civile dei sessi

Venerdì 22 Settembre 2017

Un nemico. Nel bosco. Ferito. Soldato nordista. Siamo nell’America della Guerra Civile, nel profondo Sud. Una ragazza lo trova. E lo porta nel collegio di Miss Martha (Nicole Kidman). Dove sono tutte donne (tra le altre Elle Fanning e Kirsten Dunst). E l’intruso sconvolge la casa.
Per fortuna Sofia Coppola non si perde correndo dietro l’ossessione di un remake probabilmente incomparabile. Troppo frontale per la figlia d’arte sarebbe il confronto con “La notte brava del soldato Jonathan” (1971) di un regista muscolare come Don Siegel e il corpo ruvido di Clint Eastwood, qui sostituito dalla bellezza cool di Colin Farrell. E sempre grazie al cielo la regista non smania dalla voglia di contaminare epoche e mondi lontani, con le incursioni pop, tra la provocazione a salve e il cazzeggio, che avevano invaso il suo “Marie Antoinette” (2006). Piuttosto, con opportuna intuizione, ribalta lo sguardo e la prospettiva in una sdrucciola commedia nera, sadica e perversa, dove l’Uomo finisce preda desiderata e puntualmente sacrificata in un gioco di potere incontrollato e inaspettato.
Partendo anche lei dal romanzo omonimo di Thomas Cullinan, con “L’inganno” la Coppola si destreggia in una battaglia tra i sessi, non troppo diversa da quella che si sta combattendo fuori da quelle mura, portando i toni sarcastici a un divertimento acido e crudele. Così il film diventa una specie di litania funerea femminile, che dal desiderio passa alla morte, attraverso pene corporali compresa una simbolica castrazione, dove il soldato è l’oggetto di un’eclave di donne puntualmente morigerate e devote, ennesima dimostrazione di come il senso del peccato e la costrizione di un puritanesimo radicale nascondano le pulsioni più voluttuose e perfide.
Sofia Coppola si conferma regista di buone impaginazioni visive: all’ultimo festival di Cannes ha vinto il premio alla regia, tutto sommato condivisibile, in un contesto mediocre come l’edizione 2017, per una messa in scena geometrica e un senso claustrofobico rilevante. Ma paga anche superficialità e fretta a soffermarsi sugli aspetti più accattivanti, sui segni più pittorici del racconto, cercando la simpatia dello spettatore, come nelle due sequenze delle cene, assai divertenti. Così la sensazione finale di questo nuovo giardino di vergini suicide è quella di trovarsi di fronte al suo ulteriore esercizio di stile.
Stelle: 3

INFANZIA SENZA VOCAZIONE DI LEATHERFACE - C’era bisogno di sapere com’era stata la fanciullezza e qualcosa di più di Leatherface, quel bizzarro individuo, sadico e demente, creato da Tobe Hooper, che andava in giro col suo eccentrico giocattolo, una motosega con la quale faceva spezzatino a buon mercato delle sue vittime? Ovviamente no. E dopo la visione di questo “Leatherface” del duo Julien Maury e Alexandre Bustillo è cambiata la sensazione? Ancora no. Però sarebbe un errore liquidare questo prequel di una saga cominciata nel lontano 1974, cambiando letteralmente la faccia all’horror, come un oggetto deprecabile sull’altare commerciale dei rituali prima e dopo un film seminale, come fu quello del regista americano, purtroppo da pochissimo scomparso e qui anche produttore esecutivo.
La coppia di registi infatti costruisce un’architettura spaventevole di tutto riguardo, dopo già positive esperienze passate, dove il Male si annida un po’ ovunque, non solo nella famiglia bestiale di un ragazzo quasi impaurito dal dolore, poi trasformato, attraverso riformatori spietati e poliziotti corrotti e vendicativi, in un serial killer indimenticabile. Un film che regge come esperienza in sé, senza salvagenti morali, dove il climax è rappresentata da una scena erotica necrofila. 
Stelle: 2½

CARS 3: GOMME SEMPRE PIU' SGONFIE - Forse la più debole delle avventure della Pixar corre sulla pista numero 3 della serie, confermando, nella derivazione sportiva, la sua peculiarità esaustiva nella semplice simbologia delle macchine. L’incidente che costringe Saetta al ritiro delle corse è l’esempio di una decadenza, evitata grazie agli stimoli nascenti di una nuova allenatrice, che diventerà il suo alter-ego e la sua versione aggiornata.
Restano le auto parlanti, i motori roboanti, le sfrecciate che diventano morale, quella banale semplificazione della battaglia per la vita. E siccome la sensazione che le cose non siano ancora arrivate al traguardo, aspettiamoci nuove gare. Ma la Pixar ha fatto molto ma molto di meglio. Regia di Brian Fee, musiche di Randy Newman, titoli di coda al solito divertenti.
Stelle: 2 Ultimo aggiornamento: 00:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA