Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Effetto Serra sul cinema: Pacifiction enorme
Ma anche Peter Von Kant conquista

Venerdì 19 Maggio 2023

Sicuramente uno dei film dell’anno, probabilmente uno del decennio. “Pacifiction”, passato ormai 12 mesi fa a Cannes, esce finalmente in Italia e porta con sé un’idea seducente di cinema, di racconto, di immagini che richiede uno sguardo continuamente infatuato dall’ostinata rappresentazione di sfuggenti paesaggi, naturali e umani, slabbrando storie la cui fisicità lasci il campo a un’immateriale ricostruzione dei fatti, dichiaratamente percettiva e mai descrittiva. A Tahiti, nella Polinesia francese, l’Alto commissario De Roller sembra tenere in mano la situazione, tra bar, discoteche, corpi suadenti ed esibiti, personaggi loschi e misteriosi. Un posto meraviglioso da vacanza, ma che nasconde sempre più insidie e pericoli. Un’enclave di spossata inquietudine, turbata continuamente da possibili riprese di test nucleari, che gli indigeni sentono come minaccia continua, sintomo di un mondo che altrove si agita scompostamente e non si risparmia nella sua azione destabilizzante. De Roller sfodera tutta la sua abile ambiguità, tra un sorriso e uno schiaffo, tra la sicurezza di poter gestire le crescenti proteste locali e la sua desolata, sconsolata solitudine di un ruolo probabilmente sgradito, in un quadro politico sotterraneamente incendiario. Magnifico è Benoît Magimel nel dipingere questa funzione alienante di equilibrista sfacciato, che solo l’imperdonabile distrazione della Giuria del festival privò l’anno scorso del premio come migliore attore, al pari del film altrettanto trascurato, per far posto a opere con un’urgenza più evidente sui temi oggi molto à la page. L’atmosfera sospesa che asseconda l’andirivieni dei mojito e i continui spostamenti di De Roller nelle isole per comprendere ed evitare l’irreparabile, trova la conferma di un autore spiazzante come lo spagnolo Albert Serra, che qui sfodera il suo incredibile talento, attraverso la decostruzione narrativa, ambientale e sociale, rimodulando, in un Eden ingannevole, le tensioni crescenti di una umanità che finge di vivere serenamente. Da questo punto di vista “Pacifiction”, a cominciare dal titolo, è uno dei film da tempo più squisitamente politici, dove ai proclami e alle azioni esposte, contrappone l’assordante silenzio delle palme, le eliche sonnolente dei motoscafi, gli imperiosi tramonti, mentre il rosso incendia lo spazio e non è un caso che il film vada a morire proprio su quel colore. Nelle quasi tre ore di durata Serra, la cui occasione per una conoscenza più vasta delle sue opere andrebbe colta al volo, imprime alle immagini una cadenza di vertiginosa attesa, specie nell’ultima mezzora, quando abbandonata ogni forma di dialogo, De Roller si aggira come un fantasma nella notte, un ammiraglio sogna i gesti forti e il tempo sembra quasi fermarsi, esitante nell’assecondare la meraviglia della natura o la stoltezza dell’umanità. Voto: 9.

DA PETRA A PETER  - Nella seduzione che il cinema di Fassbinder opera in un regista eclettico come François Ozon c’era già stato anni fa “Gocce di pioggia su pietre roventi”, tratto da un’opera teatrale del regista tedesco. Ora il regista francese ha riportato sullo schermo “Le lacrime amare di Petra Von Kant” claustrofobica storia di possessione femminile, qui ribaltata in una versione maschile. Così Petra diventa Peter e Ozon compie l’audace e riuscita scelta di portare praticamente l’autore Fassbinder all’interno della sua opera, richiamandolo anche con la scelta “fisica” dell’attore Denis Ménochet, che è appunto Peter, tra l’omaggio, la nostalgia e la parodia. Non sfugga nemmeno la presenza nel cast della fassbinderiana Hanna Schygulla. Voto: 7.

Ultimo aggiornamento: 12-09-2023 12:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA