Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Denti da squalo: azzanna ma non troppo
Convince Olga, tra sport e libertà

Venerdì 9 Giugno 2023

Walter è un ragazzino che ha perso da poco il padre per un incidente sul lavoro. Vive con la mamma, nella periferia romana: l’elaborazione del lutto per entrambi si presenta come un percorso faticoso. L’adolescente lo sogna nei momenti più difficili, la mamma pensa costantemente a fare scatoloni per un trasloco che chiuda quella parte della sua vita. Girovagando, un giorno Walter entra in una villa abbandonata, con una piscina all’apparenza trascurata, ma quando si tuffa si trova davanti uno squalo. Miracolosamente in salvo, incontra Carlo, appena un po’ più grande di lui, che gravita nella malavita giovanile della zona e si vanta di essere custode della villa, appartenente al Corsaro, il boss locale. Tra i due nasce un’amicizia che li porterà a sondare, in modo imprevedibile e pericoloso, il mondo che li circonda. "Denti da squalo", esordio di Davide Gentile, esplora diversi richiami cinematografici, con l’ambizione di poterli racchiudere tutti in una molteplicità compatta, con un occhio soprattutto all’esperienza di Gabriele Mainetti, non caso qui produttore e anche autore delle musiche (assieme a Michele Braga), e del quale è evidente l’influenza anche ambientale. Ne esce prima di tutto un racconto di formazione per due ragazzi che vogliono rapportarsi velocemente con la realtà degli adulti, ma soprattutto la costruzione faticosa di un’amicizia tormentata dai luoghi e dagli avvenimenti, che porta spesso i ragazzi ad allontanarsi e avvicinarsi. Se qualche eco leggero di Garrone è avvertibile (ma più di “Gomorra” che “Dogman”, nonostante la presenza di Edoardo Pesce, nella parte del Corsaro), non è meno evidente il desiderio di stemperare i lati oscuri malavitosi con tocchi improvvisi da commedia, che però faticano a trovare una collocazione felice, per l’evidenza del siparietto simpatico. Così forse i momenti migliori sono anche quelli più onirici e fiabeschi (si pensi alle apparizioni del padre morto di Claudio Santamaria), come il “dialogo” con lo squalo, nonostante la lettura simbolica tenda a prendere esplicitamente il sopravvento, mentre i momenti più drammatici risentono di un’acerbità di fondo, con qualche eccesso di macchiettismo da parte dei componenti della banda. Semmai la forza della storia poggia soprattutto sulla fresca spontaneità dei due giovani interpreti: il teppistello Carlo ha le movenze altalenanti di Stefano Rosci, che mostra sempre il suo lato buono anche nei momenti di irruenza fisica, ma è soprattutto Tiziano Menichelli a convincere, con il suo Walter, tra uno slancio di orgoglio e sicurezza, nel disegnare un desiderio di maturità precoce e una sensibile introspezione nei momenti malinconici, dal ricordo del padre al rapporto con la madre (una Virginia Raffaele misuratissima, ma non proprio a suo agio), fino alla seduzione imposta dall’amico e all’aspirazione di dimostrarsi con lui all’altezza. Voto: 6.

STORIE "PARALLELE" - Ciò che lascia più sgomenti alla fine di “Olga”, opera prima del giovane regista franco-svizzero Elie Grappe, non è tanto quello che tragicamente era già successo in Ucraina fino al 2014, ma quello che da lì in poi succederà, che il film, tra l’altro oggetto di produzione incostante a causa Covid, non poteva immaginare. Figlia di una giornalista, da poco vedova, dopo un attentato alla madre, Olga, ginnasta in odor di Olimpiadi, vola in Svizzera, dai parenti del padre, per allenarsi, seguendo da lontano le vicende ucraine. Anastasia Budiashkina, vera atleta, fa di Olga una ragazza inquieta e ribelle, in un film che gioca non banalmente sul parallelo tra vita privata e politica. Voto: 6,5.

 

Ultimo aggiornamento: 16-06-2023 10:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA