Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Cannes 76, giorno 5. Tra drammi reali
e morti sospette, vince il genio di Gondry

Lunedì 22 Maggio 2023

C’è il sole, ma pare non durerà. Più variabile il mondo del cinema e forse questa incertezza, tra buoni e meno buoni film, probabilmente continuerà.

FIREBRAND di Karim Aïnouz (Concorso) – Gli ultimi anni di vita di Enrico VIII, sposato con Catherine Parr. Dal regista applaudito proprio qui a Cannes nel 2019 con “La vita invisibile di Eurídice Parr, vincitore di Un certain regard, un melodrammone storico-reale, che forse ha sbagliato collocazione. Se Alicia Vikander fa della regina, anche lei come altre mogli di Enrico VIII vicina alla decapitazione, l’ennesimo simbolo di un proto-femminismo, scelta come spesso forzata, il resto è la grezza ricostruzione degli intrighi di corte, dove si passa da un attimo dalla risata e dall’allegria generale per ingraziarsi il Re alle esplosioni violenze di affermazione del Potere (maschile) del medesimo monarca, avvisaglie di una instabilità ricorrente. Se la ricostruzione storica si concede qualche libertà (come l’uccisione del Re da parte di Catherine), a sorprendere maggiormente in questo film è Jude Law, quasi irriconoscibile nel ruolo di Enrico VIII e del suo dominio putrefatto, simbolicamente rappresentato anche da quella gamba infetta e ulcerosa, che lo tormentò per la parte finale della sua vita. Voto: 4,5.

ANATOMIE D’UNE CHUTE di Justine Triet (Concorso) – In uno chalet di montagne, vicino Grenoble, una giornalista sta intervistando Sandra, una scrittrice tedesca in vacanza con il marito e il figlio undicenne, cieco da quando ne aveva 4 per un incidente. L’avvio di una musica assordante fatta partire dal marito fa interrompere l’intervista. Rimasti soli, il bambino esce con il cane, ma al ritorno trova il padre morto sulla neve, caduto dall’ultimo piano della casa. Sandra viene ascoltata dagli investigatori e poi mandata a processo per omicidio, non avendo alibi, persone che la possano scagionare, nemmeno il figlio che non ci vede e fa subito confusione alla prima deposizione. Colpevole o innocente? Justine Triet, che proprio a Cannes iniziò da farsi conoscere con l’interessante “La battaglia di Solferino” (2013), fonde il dramma familiare con quello giudiziario, in un film piuttosto lungo (due ore e mezza), dove la verità è di difficile individuazione, cercando di movimentare la vicenda attraverso soluzioni spiazzanti o flashback, dividendosi tra le stanze di casa e quella del tribunale, trovando infine la possibile chiave definitiva in modo decisamente forzato (sarà il cane a essere decisivo). Ma il film è interessante (e pone a tutti noi una possibilità alquanto terribile di finire nella medesima situazione) e Sandra Hüller è straordinariamente brava. Voto: 7.

LE LIVRE DE SOLUTIONS di Michel Gondry (Quinzain) – Un regista in crisi, respinto da produttori per materiale non ritenuto all’altezza, insiste nel terminare il proprio film, rifugiandosi da una zia e dagli amici. Da sempre cineasta eterogeneo e geniale, il francese Gondry stavolta traccia una specie di autoritratto malinconico e sorprendente, facendo della lavorazione, assai curiosa, di un film, una commedia spassosa come poche, piena di trovate e situazioni tra il ridicolo e il disperato. Si ride praticamente in modo ininterrotto: il massimo è quando licenziato il direttore d’orchestra incaricato di far eseguire la colonna sonora, il regista (un bravissimo Pierre Niney) inventa un linguaggio corporeo che spieghi ai musicisti che note devono eseguire. Voto: 8.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 12-09-2023 12:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA