Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Cannes 76, giorno 10. Alice e Ken Loach
tra chimere e sogni infranti: meglio il pub

Sabato 27 Maggio 2023

Concorso chiuso. Ormai si attendono soltanto i premi. Ultimo film italiano in gara: qui la Rohrwacher torna sempre a casa con qualcosa, ma il film non sembra assicurare troppo un premio. Ken Loach fa Ken Loach e potrebbe anche bastare. Anche se di Palme ne ha già vinte due.

LA CHIMERA di Alice Rohrwacher (Concorso) – Siamo negli anni ’80. Arthur è un archeologo appena uscito di prigione. Assieme ad altri amici fa parte del gruppo dei tombaroli, che trafugano oggetti dalle tome etrusche per venderli e diventare ricchi. Arthur ha il dono di captare dove sotto la terra si nascondono tali oggetti e nel frattempo è desolato di aver perduto l’amore della sua vita. Alice Rohrwacher mantiene intatto il suo stile, dove la realtà si sposa con il mistero e il presente incontra il passato. Forse il suo film ambizioso, che riporta i consueti pregi e difetti: uno stile molto personale, una libertà del racconto, ma anche una scrittura non sempre in grado di mettere a fuoco situazioni e personaggi, una fragilità complessiva. Nel cast anche la sorella Alba e Isabella Rossellini, mentre Josh O’Connor è il protagonista. Resta un’operazione interessante, parzialmente riuscita. Ne riparleremo al momento dell’uscita del film, prevista per l’autunno. Voto: 6

THE OLD OAK di Ken Loach (Concorso) – Nella contea di Durham arriva un pullman con profughi siriani, subito osteggiati dalla comunità locale, che si concentra soprattutto nel decadente pub che dà il titolo al film. Yara è una ragazza che appena sbarcata trova un giovane locale che gli rompe la macchina fotografica. In suo aiuto arriva il titolare del pub TJ. Nei successivi giorni alcuni abitanti trovano il modo di interagire con i profughi, mentre altri passano ad azioni violente, anche contro il pub. Per quello che dovrebbe essere il suo ultimo film (almeno stante le dichiarazioni del regista), Ken Loach resta fedelissimo al suo cinema e assieme al fedele Paul Laverty dirige l’ennesima storia conflittuale, non più tra proletari e istituzioni sociali, ma bensì tra profughi e comunità locale. Ne esce l’ennesimo racconto struggente e appassionato, all’interno di un cinema ancora fieramente militante, con una divisione spesso manichea. Ma forse anche Loach ha perso la speranza in un mondo migliore. Emozionanti soprattutto la scena nella cattedrale e la visita in gruppo a casa di Yara per la morte del padre. Finale amaro, come quasi una resa (nonostante la processione, un po’ alla Moretti). Voto: 7.

 

Ultimo aggiornamento: 17:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA