Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Cannes 75, giorno 6. Abbasi, fede accecante
Deludente l'esordio registico della Trinca

Lunedì 23 Maggio 2022

HOLY SPIDER di Ali Abbasi (Concorso) – In una delle città sante iraniane un serial killer si apparta con delle prostitute e poi le uccide, per ripulire la città, obbedendo a una sua moralità religiosa. Il caso viene seguito da una giornalista, che oltre a indagare tra mille ostacoli, rischia di persona per catturare il feroce assassino. Il regista iraniano naturalizzato danese, famoso soprattutto per il suo precedente “Border”, si misura ancora con il "genere" e gira (in Giordania) un thriller efficace, mostrando il lato oscuro di un Paese senza esitazioni (frammenti hard degli incontri, una dose esibizionista della violenza), che in loco non avrebbe mai potuto proporre e in effetti qualcuno potrebbe parlare di “occidentalizzazione”, ma d’altronde è pur sempre ormai un artista che vive in Europa. La dinamica degli assassini fa pensare, almeno inizialmente, a “Frenzy” e di hitchcockiano c’è anche la conoscenza immediata con l’assassino, che seguiamo in parallelo con i suoi omicidi, mentre l’investigazione procede. Se il film lascia qualche perplessità sulla rappresentazione della morte, soprattutto quella inflitta dallo Stato (si direbbe in modo antikieslowskiano), l’aspetto più interessante è lo scandaglio sociale che si apre alla cattura del serial killer e nell’agghiacciante finale, metalinguistico, l'intenzione del figlio di voler seguire le orme "purificanti" del padre, spiegando in un video come il genitore uccideva le vittime. Bravissimi i due interpreti principali. Voto: 7.

LES AMANDIERS di Valeria Bruni Tedeschi (Concorso) – Nella seconda metà degli anni ’80 alcuni ragazzi frequentano la scuola di recitazione francese guidata da Patrice Chereau. Tra questi Stella, specchio della stessa regista e delle sue esperienze in quella scuola. Valeria Bruni Tedeschi firma la vibrante, quasi caotica, spesso isterica volontà di una generazione di catturare la vita nell’euforia dei corpi, tra la realtà della strada e la rappresentazione del teatro. Le convulse dinamiche dei rapporti che si instaurano tra gli studenti, il ribaltamento delle prospettive in uno sguardo costantemente ansioso sono decisamente forme attrattive di un film, che pian piano disperde questa irruenza incontrollata (in realtà tutti propongono una “riproduzione” della recitazione della stessa Bruni Tedeschi), dove la coralità finisce col disperdersi in troppi segmenti e il desiderio, poco controllato, di immergersi nei lati oscuri di quel periodo (richiami mortali come droga, aids, personalità autodistruttive), crea uno scompenso che toglie spontaneità. Voto: 6.

MARCEL! di Jasmine Trinca (Fuori Concorso) – La Garbatella, più Fellini che Chaplin, Marcel Marceau, una figlia che ama la mamma, la mamma che ama un cane, il Marcel del titolo. Poi c’è anche una nonna, che trasforma il triangolo in un quadrato imperfetto e che parla a un figlio che non c’è più. Non sempre si dimostra azzeccata la scelta di fare il salto da attore/rice a regista. Si direbbe che lo è anche questa. Sì certo: è un esordio e di questo si deve tenere (parzialmente) conto; sì certo è un film che racconta un po’ anche le esperienze della regista (e non sempre questo è un bene, anche se comprensibile); sì certo: vuole essere autoriale (e questo non è un bene), ma senza la forza di esserlo, perché l’ambizione andrebbe più controllata. È un cinema che vorrebbe parlare di arte e vita, di tenere un tempo sospeso tra realtà e sogno, gesto e mimica, espressioni ieratiche e pensieri ingombranti; ma è tutto esangue, condizionato da un’idea di messa in scena moribonda nella sua forzata astrazione, di un cinema che ormai ha poco o niente da aggiungere, che sfiora la vita ma non la fa sentire. Magari va meglio la prossima volta. Voto: 4.

 

 

Ultimo aggiornamento: 15:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA