Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Berlinale 73, giorno 6. Edipo e transgender
Voci femminili da un albergo e dal mondo

Mercoledì 22 Febbraio 2023

Ancora una giornata tiepida in sala e ventosa all’esterno, come fossimo a tratti a Trieste. Due interessanti film paradossalmente un po’ vittime della propria forza e la consueta puntata ostica e respingente di Angela Shanelec.

MUSIC di Angela Shanelec (Concorso) – Il mito di Edipo riletto sulle sponde greche, in un arco tempo che va dagli anni ’80 fino al 2006, anno in cui l’Italia vince i Mondiali in Germania (qui evocato dalla voce della telecronaca), mentre la musica conquista lo spazio attraverso i nomi prestigiosi del passato e il canto angelico del protagonista. Il cinema anaffettivo e orgogliosamente anti-emozionale della regista tedesca trova le sue consuete dinamiche respingenti, ma stavolta costruendo un disegno globale, che non riesce a trovare una sua forza complessiva. La tappa finale a Berlino si presta a qualsiasi congettura. Un cinema ancora una volta insopportabile. Voto: 3.

20.000 SPECIES OF BEES di Estibaliz Urresola Solaguren (Concorso) – Un ulteriore debutto che si sofferma su uno degli aspetti più urgenti al cinema d’autore controcorrente: la transizione sessuale. Aitor è un bambino di 8 anni, che sente impellente il richiamo a una femminilità inconfessabile, attorniato da una famiglia che vive il problema in modo differente (la madre empatizza, la nonna meno, il padre per niente). In una prolungata serie di dialoghi, un film che sente il bisogno di troppe sottolineature e di metafore fin troppo evidenti, a cominciare dalle api del titolo. Voto: 5,5.

MAL VIVER/VIVER MAL di João Canijo (Concorso/Encounters) – Cinque donne governano un elegante albergo, dalla cucina raffinata e dotato di piscina, travolgendo le proprie giornate tra conflitti irrisolti, che minano continuamente la serenità. Nel frattempo arrivano e partono i clienti. Un dittico, terminato rispettivamente in Concorso e nella sezione Encounters, che sfoggia un’estetica parossistica nel rigore formale di inquadrature studiatissime e che lavora sulla costante dualità di visione, attraverso specchi e fuoricampo. Nel film in Concorso le proprietarie sono le protagoniste, nell’altro lo sono i clienti, non meno tormentati da asprezze e incomprensioni. Un trattato quasi bergmaniano, che ha il difetto di imprigionare la storia e la stessa forma in un costante divieto di fuga e che alla fine rischia un po’ di annoiare, stante una doppia durata di due ore, per complessive quattro. Ma resta un film potente. Voto: 6,5.

 

Ultimo aggiornamento: 17:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA