Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

Allegria di naufraghi: Östlund in crociera
Carrisi: il vero abisso è il film

Venerdì 28 Ottobre 2022

Ci sono persone che sanno sempre trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Questo vale anche per i registi. Ai festival. Ci sono, e non pochi, registi straordinari che non hanno mai vinto una Palma, un Leone, un Orso e via dicendo: ci si chiede perché e non si trova una risposta; ma ce ne sono altri che ne hanno vinte perfino due, senza essere fenomenali. E il quesito irrisolto è lo stesso. Certo la casualità delle giurie è una componente da non sottovalutare, ma non è facile capire e forse anche accettare che un mediocre come il danese Bille August abbia vinto due Palme d’oro in soli 4 anni; e adesso sia pure toccato allo svedese Ruben Östlund, che almeno è più interessante di August: nel 2017 con “The square” e quest’anno con “Triangle of sadness”.  Ora quest’ultimo film arriva sugli schermi italiani, con la malinconica presenza di Charlbi Dean, scomparsa a 32 anni subito dopo il festival; e certo è un’occasione utile per cercare di comprendere meglio l’entusiasmo della giuria di quest’anno a Cannes, anche se va detto che il film vincitore ha diverse frecce a suo favore, nonostante alcune un po’ spuntate. In crociera, alcuni personaggi ricchi cercano svago, mentre la nave viene sballottata da un forte temporale. Siamo dalle parti di “Titanic”, volendo trovare una analogia di disperata e soprattutto disgraziata incapacità di avvertire il pericolo, mentre il finale si ritaglia una rielaborazione da set di Isola dei famosi. Va da sé che Östlund continua la sua operazione di dissacrazione di una società fondata sul capitale e sulla bellezza, a cominciare dalla scena iniziale con un casting di ragazzi a torso nudo per fare passerella. Scava con il consueto sarcasmo, al tempo stesso feroce ma anche un po’ facile, nella carne di personaggi immorali, inventa battute continue a orologeria, firma un nuovo capitolo “politico” con la lotta di classe finale e il ribaltamento dei ruoli, non si ferma davanti all’esagerazione (la lunga galleria di vomito e feci, per il mal di mare), mostra il suo disprezzo per una umanità corrotta dal denaro e dal dominio e vittima di se stessa, come esplicitato nel personaggio del  fabbricante di armi. Se con “Forza maggiore”, a tutt’oggi il suo film più riuscito, il regista svedese aveva posto, in modo più rigoroso, una geometria dei sentimenti capace di rompere i lati in cui sembrava imprigionata, grazie a un evento imprevedibile, con “Triangle of sadness”, dove il geometrico è espresso fin dal titolo, sembra più attratto da una componente di esagerazione (anche nella durata del film), dove la risata dovrebbe fungere da carica sovversiva, e infatti si ride spesso e con gusto, anche se il divertimento è spesso grossolano. Ma si sta più dalle parti di Lina Wertmüller che di Marco Ferreri. Voto: 6,5.

AMSTERDAM - Giunto al suo decimo film, David O. Russell continua imperterrito a fare sempre lo stesso indisponente film, convinto che abbondanza significhi interesse e curiosità, ma è spesso solo confusione per arricchire idee fragili. “Amsterdam”, che è il luogo d’incontro da cui poi nasce tutta la storia (volutamente in parte accaduta), narra di tre amici (due uomini e una donna) che partendo dalle trincee della prima guerra mondiale finiscono dentro a un complotto per destituire Il presidente Roosevelt e dare vita anche in America a uno stato fascista. Tutto si trascina stancamente, nonostante un cast di alto livello, immerso in una luce vintage e noiosa, nella quale ci mancava solo un finale con lo spiegone. Tedioso oltre la sopportazione, si risveglia leggermente all'ingresso di De Niro, che dà almeno un po' di brio, ma ci si assopisce di nuovo presto. Voto: 4,5.

IO SONO L'ABISSO - Tre personaggi in cerca di un film e soprattutto di un regista. Ognuno ha i suoi traumi. Uno psicopatico, disturbato da un'infanzia difficile, diventa serial-killer, una donna apparentemente balorda vive con un dolore estremo aiutando donne vittime di soprusi, una giovane tenta il suicidio. Carrisi insiste a portare sullo schermo i propri romanzi, ma ingolfa la visione ancora una volta con un'esuberanza incontrollata anche nello stile (l'abuso dei piani inclinati su tutto). Ne esce un film inutilmente contorto, volutamente respingente, orgoglioso della propria confusa narrazione, che vuole perlustrare l'origine del Male, ma non si cura mai dello spettatore. Non c'è ansia, non c'è empatia per i personaggi, non c'è interesse per storie che si perdono in un gioco manieristico e futile. Al terzo film non siamo più a un indizio, ma a una prova. A ciascuno il suo: Carrisi farebbe bene a dedicarsi totalmente alla narrativa. Voto: 4.

 

 

Ultimo aggiornamento: 12:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA