Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

74 Cannes, giorno 9. Dumont spiazzante
ma il vero fuoriclasse resta Bellocchio

Venerdì 16 Luglio 2021

Finalmente una grande giornata, con film importanti e interessanti, anche fortemente divisivi. E poi c'è Bellocchio, imperdibile.

MARX PUÒ ASPETTARE di Marco Bellocchio (Palma d’onore) – Alla fine del 1968, in piena euforia rivoluzionaria, Camillo Bellocchio, gemello di Marco, che sta muovendo i primi passi, già entusiasmanti, come regista, si uccide a 29 anni. Su questa tragedia che il regista piacentino ha già affrontato in modo più o meno esplicito più volte, a partire da “Gli occhi, la bocca”, oggi prende forma questo documentario familiare, ritratto intimo di una confessione, indagine pubblica di una “distrazione”, come l’ha definito lo stesso regista, ingresso privilegiato in una famiglia raccolta all’inizio a una tavola, frantumazione di una privacy che ogni artista tende comunque ad abbattere per raccontare se stesso e il mondo che lo circonda, a cominciare dalle mura di casa. Un film oltremodo lacerante, doloroso, racchiuso in un senso di colpa perenne, tra gli slanci, gli affetti e le contrapposizioni di un gruppo di famiglia in un interno, diviso tra le pieghe del cattolicesimo imperante e il desiderio di una lotta politica comunista. Cinema privato e cinema scopertamente universale, dove ognuno deve fare i conti con se stesso e la propria storia (si veda l’improvvisa apparizione di una lettera “dimenticata”, forse il momento più toccante di tutto il film). Bellocchio offre la nudità di se stesso e della sua famiglia, confermandosi il più grande regista italiano in circolazione, giustamente premiato qui a Cannes con la Palma d'onore. Il titolo di riferisce a una battuta che Camillo fece a Marco, che lo invitava alla politica, per superare le sue crisi esistenziali. Voto: 8.

FRANCE di Bruno Dumont (Concorso) – France de Meurs (ancora Léa Seydoux, ormai ovunque) più che una giornalista televisiva, che spinge la sua attività anche su territori bellici assai pericolosi come la lotta all’Isis, è una star. Adorata dal grande pubblico, ha un marito e un figlio, che non sono i suoi punti di riferimento principali. Un giorno per una distrazione colpisce con l’auto un giovane rider, unica fonte di guadagno di una famiglia in difficoltà. I danni non sono elevati, ma France rimane sconvolta. Dumont scava dentro i comportamenti malati di una società, consolidata ormai ad accettare qualsiasi inganno (come le colossali costruzioni di reportage e inchieste, di cui France è una fuoriclasse, compresa la sua agente dello studio), violenza (perpetrata e/o subita, in egual misura di rassegnata tragedia), idolatria (il fanatismo fa superare ogni ingiustizia, anche nelle forme più semplici di un selfie). Dominata dalla finzione e dalla spettacolarità (non ne è esente nemmeno il cinema, con un mortale incidente stradale risolto in modo parodistico), l’umanità cannibalizza se stessa. In un dramma che si fa commedia e ancora di più farsa, Dumont resta un regista scostante, divisivo, cinico e oltraggioso, ma anche un artista che ragiona sulla società e sulle immagini come pochi. Certo qui tocca argomenti e situazioni già abbondantemente discusse e lo fa in modo discutibile, ambiguo, provocatorio, come tutto il suo cinema. E quindi va difeso. Esilarante l’incipit (ovviamente e coerentemente finzionale) con Macron, a sancire ove ce ne fosse bisogno, la liaison tra protagonista e Nazione. Voto: 7,5.

MEMORIA di Apichatpong Weerasethakul (Concorso) – Una coltivatrice di orchidee (Tilda Swinton) si reca in Colombia, a Bogotà, a trovare la sorella malata. Incontra un’archeologa e un musicista, ma è turbata da rumori assordanti che ogni tanto sente che la rendono inquieta. Ma la conoscenza più importante la farà nella foresta. Tornando in Concorso dopo l’inattesa Palma d’oro 2010 con lo straordinario “Lo zio Boonmee”, il regista thailandese rielabora il suo cinema misterioso, affascinante, inafferrabile fatto di tempi dilatati, silenzi, legami con la natura, vite passate e vite aliene, cogliendo, anche qui lontano dalla sua Thailandia, un senso inestricabilmente sensoriale e spirituale della vita. Non il suo film migliore (specie nella prima parte), ma sempre un’esperienza unica. Voto: 7.

LES OLYMPIADES di Jacques Audiard (Concorso) – Nel 13° arrondissement parigino, giovani donne e uomini vivono dividendo amori, amicizie, desideri, precarietà. In uno scintillante bianco e nero gira una specie di versione allargata di “Malcom & Marie”, senza egocentrismo o rivalse, ma scrutando la quotidianità di infelici esistenze, da una distanza corretta. Scritto con Céline Sciamma e Léa Mysius, è una mappa profonda  dell’immagine multiculturale della capitale, con uno sguardo intenso, crudo e al tempo stesso affettuoso, aggiornandola ai rapporti tecnologici che la contemporaneità impone. Per un vincitore di Palma d’oro (sbagliata, quella giusta era per “Il profeta”), un film tutto sommato piccolo, ma capace di far sentire la vita. Voto: 7.

HAUT ET FORT di Nabil Ayouch (Concorso) - Nel quartiere di Sidi Moumen a Casablanca un gruppo di studenti vengono incoraggiati a superare tradizioni e regole attraverso l'hip-hop, incontrando le resistenze dei conservatori. Un musical libero e liberatorio, che sprigiona energia, forza, coraggio e voglia di cambiare, nonostante una struttura assai semplice e tematiche affrontate senza troppa profondità. Ma si segue con piacere. Voto. 6,5.

NITRAM di Justin Kurzel (Concorso) - Infanzia, giovinezza e nefaste prodezze dello squilibrato Martin Bryant, che nel 1996 nello stato austrialiano della Birmania uccise 35 persone in quello che è definito il massacro di Port Arthur. A Kurtzel interessa poco la storia, le sue dinamiche psicologiche, l'ambiente che l'hanno favorita, le colpe di chi non ha saputo o voluto capire per tempo. SI affida alla notevole interpretazione di Caleb Landry Jones (miglior attore dela festival), con una ostentazione fastidiosa dei fatti precedenti, ma serbando almeno il fuori campo per la strage. Un film che pigia con soddisfazione sul compiacimento della violenza, dimenticandosi di approfondirla e capirne i motivi. Tra i film peggiori del Concorso. Voto: 3.

 

Ultimo aggiornamento: 18-07-2021 16:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA