Adriano De Grandis
OGGETTI DI SCHERMO di
Adriano De Grandis

74 Cannes, giorno 3. Tra santi e miracoli
Samani e Verhoeven non passano invano

Sabato 10 Luglio 2021

Pochi scossoni a Cannes, sono di più i tamponi. Il cinema resta in una medietà accettabile, ma non entusiasmante; il virus è ritenuto purtroppo lontano e non sempre comportamenti e sorveglianza sono corretti. Intanto arrivano il film nordestino sui miracoli di Trava e le suore lesbiche di Verhoeven, che un po’ di rumore lo hanno fatto.

PICCOLO CORPO di Laura Samani (Semaine de la Critique) – Tra i monti del Nordest viveva la leggenda di un luogo dove portare i bambini nati morti per far ottenere loro un brevissimo respiro, in modo da strapparli al limbo. Agata partorisce una bambina già morta e decide di intraprendere quel viaggio pieno di insidie, anche se nella realtà del tempo erano soprattutto gli uomini a farlo. Per strada trova Lince, uno strano ragazzo che decide di accompagnarla. Laura Samani esordisce con un film che si appropria di una credenza popolare e affronta con spirito libero e guardo contemporaneo un percorso, che si rivela essere anche una presa di coscienza di sé. Le atmosfere, grazie anche a paesaggi misteriosi e affascinanti, parlano dello spirito e dei corpi, dando alla fede una dimensione inafferrabile e ambigua, mettendo la donna al centro. Bellissima la scena tutta al femminile, nella quale una banditessa, scoprendo il contenuto della scatola di Agata (il corpo della bambina morta), la lascia andare pietosamente alla meta desiderata. Voto: 7.

BENEDETTA di Paul Verhoeven (Concorso) – Alla fine del XV secolo, un fanciulla devota alla Madonna entra nel convento di Pescia, ma l’arrivo di una pecoraia scatena una passione erotica, che porta sconquasso e rovina, mentre la peste incalza. La vita di Benedetta Carlini, mai diventata santa, dà lo spunto a Verhoeven per raccontare un mondo sostanzialmente corrotto (la Madre superiora – Charlotte Rampling – più attenta alle finanze che alle preghiere, le lotte di potere, lo spionaggio e i tradimenti), con la sua consueta audace irriverenza e impertinenza (si veda l’uso di una statuetta della Madonna, che mette in ombra il famoso crocifisso di Linda Blair), facendo brillare il suo stile caustico al meglio. Certo gli obiettivi sono forse rispetto al passato più consumati e la sarabanda di alcune scene volutamente trash, ma Verhoeven che sembra quasi rifare una sorta medievale di “Showgirl” mantiene intatta la sua capacità iconoclasta di distruggere i cardini simbolici della società (qui della religione), con effetti a volte esilaranti, attraverso il suo acre sarcasmo. Tutto sommato è quasi una commedia divertente. Voto: 7.

THE WORST PERSON IN THE WORLD di Joachim Trier (Concorso) – La trentenne Julie è una ragazza assai indecisa. Soprattutto in campo amoroso. Da adolescente non sa quale indirizzo scolastico prendere, da grande è probabilmente frettolosa nella scelta dei compagni. Alex, un fumettista incontrato a una festa, sembra quello giusto, ma non è così. Trier elabora una mappa dello sbandamento emotivo e funzionale dei millennial, imponendo alla storia uno stile spesso convulso e volutamente confuso, una frantumazione temporale (con un “fermo” che spiega la natura interiore della protagonista), eccedendo nella forma e nella sostanza, ingolfando il racconto con 12 capitoli, più un prologo e un epilogo. Un film più interessante che bello, troppo lungo, attraversato da Renate Reinsve che lascia il segno. Voto: 6.

 

 

 

Ultimo aggiornamento: 10:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA