MONDO OVALE di

 Zebre senza alibi, Leoni da rivedere. Bortolami, Pocock e le sanzioni esemplari

Venerdì 9 Gennaio 2015
  Il Benetton esce bene dai derby di Natale (grande slam) ma non il rugby italiano che si merita nel complesso un cartellino rosso. D’accordo, i derby sono sempre sentiti e tirati. Dipendono da logiche nervose. All’andata era stato più bello, a Monigo il ritmo e la continuità erano assenti, ma non è solo questo. È che la franchigia italiana che da tre anni lavora con continuità sul progetto federale non riesce a vincere la partita pur avendola largamente in pugno. Nel secondo tempo le Zebre hanno avuto un dominio netto in mischia ordinata, un possesso quasi totale, addirittura una superiorità numerica di +3 per altrettante espulsione temporanee a un Benetton indisciplinato sotto la pressione. In queste situazioni una squadra matura che abbia un minimo di concretezza, le partite le chiude. Invece sono mancati rigore tattico e mentale, freddezza e persino voglia. È sembrata più squadra Treviso, almeno nella determinazione difensiva. Vero che oltre alle due mete segnate (ma l’ultima a partita chiusa), gli emiliani ne hanno costruite altre due  con lo sfortunato Sarto, non convalidate (secondo me correttamente) dal tmo. Ma non si può ricorrere all’alibi degli arbitri quando gli avversari devono fare i conti con tre espulsioni in contemporanea. Non ci sono scusanti. ATTENTO TREVISO. Treviso comunque deve tenere la guardia alta. Due vittorie nel derby sono euforizzanti, ma attenzione agli sbalzi d’umore tipici delle squadre immature e in costruzione. È già successo dopo il pareggio con il Leinster, la vittorie sprecata  Cardiff e la tenuta a Monigo con i campioni d’Inghilterra del Northampton. È bastato il rovescio clamoroso nel ritorno in Inghilterra per aprire una voragine nell’attitudine mentale della squadra che si è tirata dietro una ben più grave umiliazione a Edimburgo. Meno male che c’erano i derby a tirare su il morale. Ora invece ci sono nell’ordine l’Ulster in Pro12 a Monigo, e in Champions il Racing a Parigi e gli Ospreys in casa. Tre partite di alto livello che costituiranno un interessante test, in primis per le fasi di conquista. A Parigi sarà giusto un mese dall’arrivo di Manuel Ferrari al capezzale del pacchetto dei Leoni. Non è molto, ma forse si potrà capire qualcosa in più di quello che succederà al Benetton in primavera. APPLAUSI A BORTOLAMI. Un punto di bonus al pubblico di Monigo per l’applauso scrosciante a Marco Bortolami. Il condottiero azzurro non ha mai giocato con la maglia biancoverde ma è uno che al rugby italiano ha dato tanto e ha fatto onore al made in Italy (virtuale giro d’onore per lui). La sua carriera in campo si avvicina alla conclusione, spero ne intraprenda una da allenatore o manager. Ce n’è bisogno. Bortolami ha una conoscenza del rugby superiore alla media, è uno di quei giocatori con i quali è un piacere discutere di rugby. Di gioco intendo. L’ANNO DEI MONDIALI. È cominciato l’anno dei Mondiali in Inghilterra, che per l’Italia saranno una sorta di replica del Sei Nazioni (girone con Francia e Irlanda, senza big dell’emisfero Sud). Il lotto delle pretendenti consegnatoci dai test autunnali sembra più ampio del solito: dalla Nuova Zelanda detentrice del titolo all’Inghilterra padrona di casa, dal Sudafrica che tornando a lavorare sulle basi e aggiustando le caratteristiche della mediana può dire la sua, all’Irlanda che ha dimostrato ampiamente di poter battere chiunque, All Blacks compresi. Aspettando di vedere gli effetti della cura Cheika sull’Australia. Avremo modo di parlarne. PUNIZIONE ESEMPLARE. Intanto con l’anno nuovo bisogna ribaltare la tradizione di gettare le cose vecchie. Non tutte, almeno. C’è qualcosa di buono da trattenere. Come la decisione della federazione inglese di dare un daspo accompagnato da mille sterline di multa a due tifosi che insultavano l’arbitro Nigel Owens reo di aver fatto outing, da tempo ormai, sulla propria omosessualità. Solo nel rugby poteva succedere. ROVIGO, SOLO TU. E solo a Rovigo l’archivio di stato (doppio bonus) poteva aprire una sezione dedicata al rugby ospitando un’associazione che si occupa di documentarne la storia e la cultura (MonOvale) che si intreccia strettamente con quella della città. Ne ha già parlato con finezza Ivan Malfatto in questo blog. È un’iniziativa molto seria. Intanto perché stanno lavorando con passione e competenze fuori dal comune, raccogliendo documenti e testimonianze che altrimenti andrebbero perdute. L’Italia, specie di questi tempi, in cui il rugby professionistico sembra inventato ieri o paracadutato dalla luna, ha bisogno di identità e cultura. Il rugby si nutre di tradizioni, sotto ogni latitudine.  La federazione farebbe bene a dare un mano. Anche perché documentare la storia di Rovigo significa farlo inevitabilmente del rugby veneto e di quello italiano. LA COSCIENZA DI POCOCK. Nel nuovo anno porto anche David Pocock (giro d’onore,  perchè è un ragazzo intelligente e coraggioso) arrestato a causa di un’azione nonviolenta per la difesa delle foreste nel New South Wales. L’ex capitano dell’Australia, che sta recuperando da un grave infortunio al ginocchio,  è entrato con latri attivisti nel cantiere di una miniera di carbone e si è incatenato a uno scavatore. Ha sfruttato la sua notorietà per far riflettere sui cambiamenti del clima. E ha accettato di buon grado sia l’arresto  che le imbarazzate prese di distanza della sua federazione che, se da un lato ha ricordato il coerente impegno di Pocock per i diritti e l’ambiente, dall’altro lo ha invitato a non distrarsi dal rugby.  La federazione australiana merita il cartellino giallo: se uno si incatena per una causa alta accettandone le conseguenze nel rispetto della legge che problema c’è? A maggior ragione sarà pronto a incatenarsi alla mischia dei Wallabies quando magari indietreggerà sotto la spinta feroce degli Springboks. E sarà d’esempio per i compagni. E poi non si può pretendere che i giocatori siano intelligenti in campo, ma superficiali fuori a giorni alterni. (Toni Liviero) Ultimo aggiornamento: 02:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA