MONDO OVALE di

Quando l'Italia di Maci, Sartorato &  C. batteva a rugby anche il Sudafrica

Domenica 30 Novembre 2014
Sembra impossibile, ma c’è stato un tempo in cui l’Italia batteva a rugby il Sudafrica. Ecco il racconto di quella leggendaria partita giocata in Veneto quasi sessant’anni fa... Allora i permit player (non si chiamavano ancora così) li dava Treviso a Rovigo, non viceversa. Il prefetto Mario Sabino concedeva ai dipendenti pubblici due ore di permesso dal lavoro per andare a vedere la partita in programma di giovedì. Gli italiani a rugby potevano addirittura permettersi di battere i sudafricani. Altri tempi, altra Italia, altro rugby. È vero. Ma una settimana dopo Italia-Sudafrica allo stadio Euganeo di Padova, prima volta degli Springboks in Veneto, test-match vinto 22-6 dagli ospitio, fa lo stesso effetto sapere che i nonni di quegli stessi "maestri sudafricani" 59 anni fa le hanno buscate a Rovigo. Esattamente 15-8, il 29 dicembre 1955. Nel fango dello stadio Tre Martiri, allora tempio della palla ovale. Contro i Bersaglieri reduci dai loro primi 4 scudetti (1951-54), rinforzati (ecco i permit, o i progenitori dei Dogi) dai trevigiani Zucchello (centro), Sartorato (mediano di mischia) e Frelich (terza linea) che avrebbero vinto il primo scudetto della Faema Treviso al termine di quel campionato.La squadra sudafricana era una selezione universitaria di Città del Capo e Stellenbosch. Giocava in maglia bianca, non verde-oro. Allineava, secondo "Rugby 2006", il nazionale Dawie Ackerman (2. linea), due giocatori nel giro degli Springboks futuri nazionali (il 2. linea J.J. Starke, l’apertura Richard J. Lockeyar), quattro Springboks junior e una serie di fenomeni: A.J. Diamond ala da 10"7 nei 100 metri, i campioni del Sudafrica di sollevamento pesi (Ludwig Du Plessis, ala), lotta pesi massimi (Van der Colf, n.8) e Gerrit Du Preez eletto miglior giocatore dell’anno.   «Solo i due mediani pesano meno di 80 chili - spiegava il Gazzettino di allora - le seconde linea sono quasi due metri per 110 chili, un’ala 85 chili». Pesi e altezze fuori della norma per noi allora.«Questa tournée delle Gazzelle è l’avvenimento più importante nella storia del rugby italiano - continuava il cronista - È il primo contatto del rugby italico con quello extraeuropeo. Sarà una lezione di rugby tenuta dai chiarissimi Springboks e dai loro migliori assistenti» chiudeva in linguaggio universitario. Il tour fu infatti una cavalcata trionfale.   Debutto a Padova il 27 dicembre 1955, al "Tre Pini" che ora non c’è più, vittoria 28-6 contro un Cus rinforzato dai migliori universitari veneti e da giocatori del Petrarca di di Lando Cosi, allora in testa al campionato. Poi 16-6 al Parma campione d’Italia, 11-0 al Milano, 11-6 all’Italia Universitaria, 22-6 alla Selezione romana, 45-14 all’Aquila, 29-6 al Cus Torino.In tutto 8 partite in 20 giorni, dallo sbarco dal lungo viaggio il 26 dicembre al 14 gennaio. 170 punti fatti (le mete valevano 3) e 59 subiti. Una superiorità schiacciante nonostante l’indispensabile turn over per gli impegni ravvicinati. Qualità tecniche, fisiche, attitudinale e di aggressività talmente superiori da far scrivere sempre al Gazzettino: «È naturale che il mediocre atleta sudafricano abbia confidenza con il pallone ovale assai più che il nostro asso». Una sentenza da antropologia del rugby. Valida a livello anche 60 anni dopo quei pionieri. Da quando gioca contro il Sudafrica,l’Italia ha perso tutti i 12 test match disputati, subendo 81 mete e segnandone 12. L’unica «inaspettatissima» sconfitta di quel tour 1955-56 i sudafricani la subirono a Rovigo. Per merito «del genio tattico di Battaglini e dello smisurato orgoglio degli ex campioni». Un’impresa finita nelle pagine di letteratura ovale ("Oltre la linea bianca" di Franco Paludetto). Firmata da una formazione che meriterebbe l’immortalità su una lapide allo stadio. Eccola: Camuffo; Stievano, Bettarello, Zucchello, Baratella; Santopadre, Sartorato; Frelich, Battaglini (capitano), Guandalini; Bovolenta, Raisi; Bellinazzo, Navarrini, Laurenti. Arbitro Ivan Piva, rodigino. Altri tempi anche in questo. Chissà se per (legittimo) orgoglio è stato un po’ casalingo. La cronaca del match, forse partigiana, narra che i sudafricani vanno in vantaggio con una meta di Du Plessis, il sollevatore di pesi (3-0). La reazione è immediata. Calcio sbagliato di Maci Battaglini per un fallo di Lee. Meta di Romano Bettarello su azione da mischia chiusa e palla passata di mano a Ferdy Sartorato, Battaglini, Lino Bovolenta e Bettarello senior che rompe l’ultimo placcaggio (3-3). Meta d’intercetto di Ackerman trasformata da Lockeyear (3-8). Secondo calcio sbagliato da Maci. Il terzo piazzato dei rossoblù, fallo di Nel, lo mette dentro Bettarello (6-8). Nel primo tempo l’indisciplina punisce i sudafricani. Incredibile! Nella ripresa il dominio territoriale di Rovigo aumenta. Calcio del sorpasso 9-8 di Battaglini. Azione dei trequarti finalizzata in meta dal seconda linea Bovolenta (12-8), immortalata da una foto Lux del Gazzettino tre giorni dopo. Calcio del 15-8 di Battaglini per placcaggio a un uomo senza palla. Poi linea Maginot fino al termine e la gioia per il trionfo. Che i vari Milto Baratella (nella foto a destra con Romano Bettarello), Giovanni Raisi, Giancarlo Navarrini (nella foto a sinistra) ancora oggi raccontano nelle serate. Per far capire cos’era allora il rugby a Rovigo. Lo aveva capito anche un certo Still (i nomi nei giornali di allora erano un optional), giornalista sudafricano al seguito del tour, citato dal "Gazzettino" del 30 dicembre: «La nazionale italiana di rugby avrebbe qualcosa da imparare dal Rovigo». (Ivan Malfatto) Ultimo aggiornamento: 16:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA