MONDO OVALE di

Italia contro Italia: la vertenza  (evitabile) che ha sconvolto il rugby azzurro

Sabato 11 Luglio 2015

La preparazione dell’Italia alla Coppa del Mondo di rugby non poteva cominciare peggio. La vertenza tra gli azzurri e la federazione su diarie e premi, con la clamorosa sospensione del raduno, ha avuto un effetto traumatizzante, con un antipatico scaricabarile tra le parti.  Una vicenda che conferma le ristrettezze di bilancio della Fir e che da questo punto di vista giustifica un intervento oculato sulle spese. E mi sembra logico, persino scontato, che  i premi siano legati alle vittorie. Ci mancherebbe. VERTENZA. Per capire le tensioni bisogna però risolvere una confusione di termini, tra premi e diarie. Entrambi sacrosanti.  Solo che la Fir ha tentato di ridurre drasticamente le seconde per aumentare i primi. Cioè i premi. Il nodo  era, appunto, il lavoro prestato dai rugbisti in ritiro. Nove settimane per le quali erano stati proposti 3000 euro complessivi. 1500 euro al mese (in ritiro) per un lavoro usurante e ad alto rischio di infortuni. Pochini. Se poi le cifre dovessero esprimere il livello del nostro professionismo ci sarebbe da stare freschi. Vero che veniva alzata la posta per le vittorie,  ma  stiamo parlando di una squadra che vince un paio di partite all’anno più per limiti strutturali del nostro movimento  (come dimostrano inequivocabilmente i risultati delle giovanili e dei club) che per demeriti degli azzurri. Comunque Parisse e compagni hanno tenuto duro ed evitato tagli corposi,  mentre la Fir fa passare il principio sul quale magari risparmierà di più in futuro.   EFFETTO DESTABILIZZANTE. La domanda però è un’altra: bisognava proprio attendere l’inizio dei lavori Mondiali per affrontare una vertenza del genere? Non sarebbe stato più saggio risolvere la questione  per tempo, diciamo lo scorso anno? Perché alla vigilia della Coppa non è bello che volino parole grosse. Il capitano Parisse si è ad esempio sbilanciato in modo importante, andando oltre la vertenza contrattuale, con giudizi duri, seppur espressi in maniera civilissima, sul valore del rugby italiano.  E c’è stato l’hashstag dei giocatori ("portacirispetto") nei confronti del presidente federale Gavazzi, un tipo che a volte con le parole ci va pesante. E’ il professionismo, d’accordo. Ma di questo spettacolo avremmo fatto volentieri a meno. Qualche coccio temo rimarrà su terreno. Non è detto però che sia per forza un handicap per la squadra. EFFETTO COMPATTANTE. Questa vicenda potrebbe servire paradossalmente a compattarla, a darle un collante insperato per vincere e smentire i detrattori del Palazzo federale. Ci sono molti casi, nella storia, di squadre che hanno vinto giocando contro il loro allenatore col quale si era creata una frattura insanabile. E’ accaduto all’ultima Coppa del Mondo in Nuova Zelanda con l’ammutinamento della Francia, poi arrivata in finale sfiorando la conquista del titolo a spese degli All Blacks, nei confronti di Marc Lievremont. E so di allenatori italiani che si sono messi volutamente la squadra contro  in un ultimo disperato tentativo di compattarla e motivarla.  In situazioni molto meno gravi funziona sempre l’articolo critico affisso alla porta degli spogliatoi o letto alla squadra.  Ora c’è la possibilità (e la novità) di giocare e vincere contro la propri federazione. Speriamo che funzioni. SFIDA ATLETICA. Ma temo che non  basterà se l’Italia non saprà alzare il livello della propria preparazione fisica. Non serve, l’abbiamo già detto, una buona preparazione. Ce ne vuole una migliore di quelle di Francia e Irlanda. E per sperare di riuscirci bisogna puntare a un livello molto alto.  Mettere in campo programmi, mezzi, idee, strutture migliori di quelle degli altri che si affidano agli specialisti più qualificati in circolazione. E’ una cosa difficile, ma non impossibile. Nel 2013 abbiamo messo in ginocchio prima la Francia e poi l’Irlanda (guarda caso le avversarie del prossimo Mondiale che ci regala un girone eliminatorio senza grandi potenze del Sud), proprio sovrastandole sul piano fisico, non certo grazie al qualità tecnica media dei giocatori. Del resto il rugby è pur sempre uno sport collettivo di combattimento. Dove l’esito del confronto fisico rimane preponderante. Tutto parte da lì. ENIGMA IN MEDIANA. E poi da qui a settembre grandi evoluzioni tecniche e di gioco non è lecito aspettarsene, se non come  conseguenza, appunto, di una superiore condizione atletica. La nostra mediana, il settore chiave, resta, infatti, un enigma inquietante. L’apertura Kelly Haimona ha disputato dei test autunnali incoraggianti ma poi sembra essere precipitato nell’anonimato. La speranza è che Edoardo Gori continui l’assunzione di responsabilità e di personalità, migliori costantemente l’uso del piede e affini le combinazioni strette con Parisse che è pur sempre tra i migliori numeri otto in circolazione. Nel Sei Nazioni il mediano di mischia ha fatto vedere progressi.  La speranza è che abbia la fiducia, la convinzione, la mente libera (e la forma) per andare oltre.  Un nove per un certo tipo di gioco può fare molto. Specie in competizioni tirate come la Coppa del Mondo. (Toni Liviero)

Ultimo aggiornamento: 01:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA