MONDO OVALE di

I campi rovinati e la profezia di Brera: l'erba del rugby resta sempre meno verde

Sabato 12 Luglio 2014
Ci risiamo. L’erba del rugby è sempre meno verde di quella del calcio. Almeno in Italia. E questo dimostra come la palla ovale, al di là della crescita di questi ultimi 20 anni, sconti ancora un certo pregiudizio in un  Paese la cui cultura sportiva è tra le più scadenti. CONDIZIONI DISASTROSE. Ci ha pensato il presidente del Palermo Maurizio Zamparini a lanciare l’ultimosciupacam anatema contro il rugby scipacampi. E a dichiararsi contrario alla partita dell’Italrugby contro Samoa, l’8 novembre prossimo allo stadio "Barbera". Nella sua lettera aperta pubblicata sul sito ufficiale del club rosanero, il presidente premette di ritenere il rugby «uno degli sport più nobili per gli alti valori che lo contraddistinguono», poi passa ad elencare i problemi del terreno di Palermo che richiede «continui  e  costosi lavori di manutenzione a causa delle condizioni disastrose» nelle quali si trovava al momento del suo arrivo a Palermo. Per ripristinare il campo dopo una partita di rugby, avverte, non basterebbe una settimana. Da quanto è trapelato parrebbe che a suggerirgli il gran rifiuto sia stata la Lega calcio a fronte delle esigenze di avere manti erbosi perfetti per le riprese televisive. VECCHI PREGIUDIZI.  Non voglio entrare nel merito delle condizioni del prato del "Barbera" e capisco perfettamente che lo stato di degrado in cui versano gli stadi italiani sia un problema. Non è però accettabile che a causa di ciò il rugby venga dipinto ancora come uno sport che rovina i terreni di gioco e ha nel fango il proprio habitat naturale. Evidentemente 15 anni trascorsi in Veneto non sono bastati ad aprire gli occhi a  Zamparini. Il presidente ha mai visto il "Battaglini" di Rovigo, il "Plebiscito" di Padova o lo stadio di Monigo a Treviso? Ha mai sentito parlare delle partite giocate all’Appiani e poi all’Euganeo di Padova?  L’Italia del rugby gioca ormai stabilmente all’Olimpico di Roma senza che ciò impedisca al calcio di giocarvi il giorno dopo nonostante i soliti timori e senza che le cronache abbiano mai riferito di risultati tecnici falsati. Lo stesso discorso vale per i test di novembre (a proposito di cultura sportiva, i test-match non sono partite amichevoli!) che si disputano abitualmente negli stadi del calcio. LE RAGIONI DEL BUSINESS. Certo fa sorridere la preoccupazione di preservare la perfezione dei manti erbosi del calcio. Mi viene in mente lo stato del San Paolo all’inizio della scorsa stagione, per non parlare dei tormenti di "San Siro" passato da una rizollatura all’altra. E che dire delle ragioni superiori del business calcistico? Le dirette tv che ogni sera invadono i canali pubblici e privati mostrano tribune sempre più vuote, che invece si riempiono spesso e volentieri quando passa la nazionale di rugby che all’Olimpico fa più pubblico di quando giocano Roma e Lazio. Ed è singolare (qualcuno non riesce a capacitarsene) che ciò avvenga nonostante i clamorosi filotti di sconfitte degli azzurri della palla ovale. Ciò dovrebbe indurre i padroni del vapore calcistico a una più attenta riflessione sulla domanda crescente di un prodotto diverso. LA PROFEZIA DI BRERA. Insomma, non saranno certo una decina di mischie ordinate  (le uniche fasi di gioco che possano mettere una certa pressione su fazzoletti di terreno) a minacciare le fortune e il livello tecnico della palla rotonda italica. Se proprio il presidente Zamparini vuole essere certo di quanto il rugby conviva con terreni fantastici, e non li rovini per niente, suggerisco un pellegrinaggio a Twickenham e magari un té con il giardiniere. Idem a Wembley, tempio del calcio inglese, il giorno dopo che ci abbia giocato il rugby. Basterebbe anche andare a Leicester dove la squadra di calcio e quella di rugby convivono felicemente dividendosi anche il tifo oltre che lo stadio. Gli apparirebbe evidente quello che disse Gianni Brera una sera d’autunno all’Accademia dei Concordi di Rovigo: "Il rugby ha bisogno terreni erbosi perfetti per diffondersi in Italia, altrimenti chi fa un placcaggio rischia un  cesareo".  Da allora sono passati molti anni e l’impiantistica ha fatto passi da gigante. La cultura sportiva invece no. Però la Fir ci pensi bene: non vorrei che i giocatori di rugby rischiassero di farsi male calcando uno spelacchiato e infido campo di calcio. (Toni Liviero) Ultimo aggiornamento: 02:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA