Luciana Boccardi
MODI E MODA di
Luciana Boccardi

QUASI UN PRESAGIO IN QUELLA
SFILATA DI ADDIO DI GAULTIER

Lunedì 23 Marzo 2020 di Luciana Boccardi
 
A voler essere veggenti  (che a volte è un termine usato a sproposito per dire  invece  prudenti  indagatori della situazione e degli sviluppi futuri  prevedibili)  si va a finire nella superstizione, nelle cadute facili da  creduloni, un condizione che  ho sempre rifiutato e che non fa parte delle nostre osservazioni sulle...cose del mondo.  Qui parliamo di moda,  uno dei settori tra i più importanti nel mondo per la portata economica, occupazionale, produttiva in generale e infine sociale, perché la moda ha un impatto diretto con i fatti che viviamo, con la nostra vita.
La sospensione di ogni attività per il Coronavirus ha colpito in modo globale anche  il mondo dell’abbigliamento.  Diciamo che la moda nel suo assetto generale -  non ultima una componente psicologica che in questo momento mette ovviamente  la "vanità" all'ultimo posto -  è  uno dei settori che soffrono di più ma,  a essere sinceri , dobbiamo anche dire che proprio questo settore, prima che si affacciasse l’ombra funesta del   virus  non godeva  proprio di buona salute. Qualcosa da tempo scricchiolava nel comparto che si rivolge al nostro tempo libero, alla nostra leggerezza, alla bellezza   intesa  nel senso più vissuto.   Lo dicevamo da tempo che qualcosa era nell’ara e che la moda sembrava in attesa di uno tsunami che la orientasse in modo diverso. Certamente non era questo lo tsunami  immaginato ma era qualcosa  che metaforicamente  gli assomiglia molto.
La risposta   (che poi era una domanda)    l’aveva  espressa   all’inizio   di quest’anno Jean Paul Gaultier  con la presentazione della sua collezione in forma di saluto alla moda che dichiarava di abbandonare (forse solo a parole?) , presentando in un modo  teatrale estremo   quello che non voleva considerare solo il “suo”   addio alla  couture dovuto a stanchezza, vecchiaia  alle porte,  ma un addio che la couture suo tramite doveva comunicare a noi.  Considerazioni  che, all’ apparire sulla scena  di una bara che doveva signitiicarci   l’alta moda ,  si  sono fatalmente  intrecciate  con i dubbi che anche noi esponevamo comunque.
Un modo spettacolare (com’è sempre stata la  presenza  ribelle di Gaultier  nel mondo dell’abbigliamento9, ma anche  una esortazione a riflettere, a cercare una via d’uscita che permetta a tutti - persino alla moda - di rinascere con aria nuova.
Così come l’abbiamo vissuta finora,  la moda non sembrerebbe avere più senso:  sfilate, top-mopdel, buyers, influencer, blogger, giornaliste che si azzuffano per una prima fila, per un invito, per una borsina...  Pubblico distratto sempre più  bombardato da sceneggiature horror,  sfilate  da sballo inventate dagli  stilisti-registi per stuzzicare la vanità di critici (che di critica-moda ne fanno ben poca!) . Tutto questo per dire di un’attesa che sembrava pesare nell’aria prima del Coronavirus e che  l’enfant  terrible della moda, aveva evidenziato perfettamente  proponendoci   a Parigi,  dalla ribalta  del  theatre du Chatelet ,  un “funerale”  (triste presagio?)   con la “moda” in una bara che poneva un interrogativo pesante.  E non era solo: Alessandro Michele per Gucci realizzava una sfilata che come sceneggiatura sfruttava un pendolo  (Foucault?) ,  a significare che “il conto alla rovescia era iniziato”. Non tanto diversa la considerazione di Miuccia Prada che -   a sottolineare  un radicale cambio di rotta  -  decideva di  voler   lavorare  d’ora in poi  non più sola   stilisticamente  ma  fianco a fianco con Raf Simons:  una voce  tanto diversa con la quale avviare il  “cambiamento”.
Poi...la realtà...il coronavirus...la paura...il bisogno di mettere i  piedi  per   terra, anche con la moda. Non sappiamo domani.
  Ultimo aggiornamento: 17:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA