Con lui è un mondo che se né andato: il mondo che poteva conoscere un modo di fare cordiale, mai cordialissimo, uno sguardo che doveva raccontare presenza prudente, mai troppo partecipata, ostentatamente guardinga, un’intelligenza vivace proiettata verso un unico obbiettivo: il potere . Il nome di Beppe Modenese nella moda è di quelli che - Manzoni direbbe - fanno spicciar tutti . Ma non solo nella moda Beppe ha interpretato ruoli protagonisti: inserito nel mondo dell’arte, anche attraverso le conoscenze del suo compagno di una vita, l’architetto Piero Pinto (scomparso recentemente) , Modenese era presenza immancabile nelle occasioni più mondane - solo quelle “giuste! - come firma ambita in grado di avallare la riuscita mondana per l’evento al quale partecipava, accolto con gli onori che si riservano sempre al personaggio più importante . “Ministro della moda”, “ ambasciatore della moda italiana”: i titoli assegnati non solo in Italia ma nel mondo sono l’attestato di una riuscita che da sola varrebbe una interpretazione romanzata. Perché Beppe Modenese è stato un campione di abilità nell’invenzione di Beppe Modenese. Dai posti di comando occupati aveva il potere di un imperatore nel dichiarare pollice verso o meno per uno stilista esordiente, un’azienda in cerca di spazi, un evento che aveva bisogno di sostegni. Lui aveva facoltà di questo, certo che nessuno (o quasi) avrebbe osato mai interporsi tra le sue volontà e il suo ruolo. La sua grande abilità è stata appunto l’invenzione di un ruolo irripetibile, difficilissimo, appagante sotto ogni profilo. Se Beppe chiedeva una certa cifra per una partecipazione , un lavoro, nessuno osava contestarla. E nella misura di quella cifra stava anche la sua forza, il valore della sua presenza che garantiva un certo servizio (quasi sempre svolto da persona di sua fiducia incaricata). Il suo mestiere inventato era la sua firma che nella moda era garanzia di successo. Modenese era un senza-mestiere , non sapeva fare altro che il Beppe Modenese, ma ti garantiva il rispetto, il credo, la riuscita. Difficile, quasi impossibile , imitarlo, questo signore alla grande che sapeva essere signore ma anche vestirsi da signore. Aveva l’abilità di trasformarsi secondo i luoghi e le persone: perfetto e cortese fino all’estremo con i potenti che amava frequentare (soprattutto era attratto dalla nobiltà che esercitava su di lui un fascino importante, forse una soggezione vera); distaccato, ostentatamente freddino (o gelido) con chi non gli avrebbe consentito vantaggio alcuno o con chi sapeva cogliere al volo la verità esistenziale di questo personaggio degno di attenzione , cogliendone i punti deboli in forme sia pure irrorate da ironia che lui però afferrava subito e ti liquidava, allontanandoti con la sufficienza di un re. Oggi non c’è più: ci ha lasciato alla vigilia dei suoi 93 anni vissuti intensamente, con cifre indiscutibili affidate volutamente anche allo stile di un guardaroba incaricato anch’esso di trasmettere soggezione, ammirazione, potere: ne sono stati un esempio i famosi , immancabili, calzetti rossi “alla Balthus” che orgogliosamente ostentava come una corona nobiliare. Io lo conobbi negli anni Sessanta, quando - partito dalla natia Alba (Cuneo) , senza un mestiere preciso al quale dedicarsi - era approdato a Roma nel contesto della RAI che gli aveva affidato una rubrica di “vetrine” dell’abbigliamento. Il suo rapporto con la moda nacque allora. E come aspirante pi-erre era capace di stare ore nell’ufficio di Gian Battista Giorgini , che a Torino lo aveva avuto come collaboratore , procacciatore di griffes per il famoso SAMIA (il Salone che si teneva due volte all’anno nel capoluogo piemontese) e poi a Roma come ragazzo tuttofare per la Camera Sindacale presieduta da Giorgini e in seguito per la Camera Nazionale della Moda Italiana (che esiste ancora oggi per la moda a Milano presieduta da Carlo Capasa ) voluta dall’Alta Moda romana vicina al potere politico: non a caso primo Segretario Generale della neonata Camera venne nominato un dirigente della Democrazia Cristiana, Amos Ciabattoni ,intelligente e diplomatico che nella moda si buttò a capofitto, spendendo forze e capacità per i quindici anni circa in cui restò in quel ruolo. Stranamente , di lui che per primo intuì l’opportunità di stilare dei calendari delle sfilate che accontentassero tutti nei giorni della moda a Roma, nessuno parla più, ma se oggi la moda presenta alcune caratteristiche positive queste si devono alla sua attività iniziale: vivace, “politica”, capace. Il Beppe Modenese di quel tempo , alla fine del ‘Sessanta e gli inizi degli anni Settanta, non portava i calzini rossi e non aveva poteri di pollice verso o meno verso alcuno, si avvicinava alle giornaliste con sussiego: era un ragazzo piacevole, bell’uomo simpatico, disponibile, elegantissimo, che ronzava intorno a Ciabattoni con poca voglia di fare e molta di dirigere. Bravissimo nello scoprire le qualità di ognuno e valorizzarle. Fu così quando incontrò Franco Savorelli con il quale condusse operazioni divenute poi famose e raccontate oggi come “creature di Modenese” . Allora, negli anni Settanta, dicevamo che “Savorelli fa e Beppe vende quello che Franco fa... “. Fu così per Maremoda Capri con Rudy e Consuelo Crespi come pi-erre con Savorelli , per Moda-Parma e poi le prime Settimane della moda a Milano e Pitti Uomo, proposto a Firenze da Franco Savorelli, il cui successo indiscutibile venne cavalcato e gestito con grandi opportunità e strategia vincente da Modenese arrivato ai vertici della CNMI. Beppe è mancato, nella sua casa di Milano, a 93 anni , la sera di sabato 21 novembre. Ci siamo frequentati professionalmente per un arco di tempo importante, dal 1960, quando io iniziai il mio lavoro di “scrivana modaiola” per il Gazzettino , fino all’ultima telefonata che ci facemmo qualche mese fa, prima che cominciasse l’autunno che ti avrebbe accolto in un mondo dove forse non servono i calzetti rossi. Non ci sarai più a interpretare lo spaccato di un tempo finito, non vedremo più la tua eleganza estrema , arma segreta per battaglie sommesse e vincenti, né il tuo “modo”, quello stile che ti consentiva di essere e non essere, la voce volutamente sommessa per farti ascoltare con più attenzione. Dalla porta della chiesetta sconsacrata che con Pinto hai trasformato in abitazione originale e singolare a Venezia, in campo San Vio, non traspare più la luce che annunciava la tua presenza nel capoluogo lagunare, dove hai coltivato amicizie importanti e sincere.
Ciao Beppe. Tu lasci un ricordo, un capitolo importante - non solo per la moda - di questo nostro secolo. Sei stato Beppe Modenese, o, meglio, il raffinato inventore di Beppe Modenese.
Ultimo aggiornamento: 03-12-2020 11:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA