Del tempo che ci consegna uccellini in testa , cappellini posati delicatamente su trecce immancabili che si arrotolavano - esaltate da trecce finte che allora abbondavano - parla la mostra “MODA SENZA TEMPO “ (“About time: Fashion and Duration”) inaugurata al MET di New York dove resterà aperta fino al prossimo 7 febbraio 2021.
Voluta da Vuitton per celebrare i 150 anni di vita del museo newyorkese dove la moda ha trovato spazi importanti per diventare documento di storia, la mostra si snoda dalla fine dell’Ottocento ai nostri giorni presentandoci le follie, il surreale di certi “modi” di vestire, le esasperazioni come certi compiacimenti della Belle Epoque o il gioco facile dell’ebbrezza interpretato dalla moda-charleston.
Negli ultimi decenni dell’Ottocento , mentre nelle sale dedicate ai balli importanti si muovevano a debita distanza gonne rese anche più ampie dalle crinoline, Worth, il famoso sarto parigino, iniziava la sua battaglia per riportare la donna a dimensioni umane, liberare il corpo da torture come i corsetti, o gli stringi -vita che avevano provocato tanti danni . Pare che il via alla campagna contro i costumi-tortura abbia preso l’avvio definitivo quando una giovane signora elegantissima, due giorni dopo aver partecipato a un ballo, stritolata da un busto che rendeva la sua vita talmente sottile da adattarsi alla stretta di un pugno, morì a causa di “due costole che costrette dal busto avevano trafitto il fegato”. Fu la goccia che fece traboccare il vaso e iniziarono quei mutamenti della moda che le stesse donne accettavano con riluttanza. Si sa, la bellezza, in tutti i tempi, ha avuto sempre il sopravvento su tutto, anche sulla salute e sul buon senso.
Con l’arrivo del Novecento finiva l’epoca delle maniche immense, talmente grandi da esigere a volte di venire gonfiate da supporti di piume, o sorrette da lastre di metallo; finiva il tempo delle mantelline - spesso di cachemire - che coprivano scollature profondissime e finiva per gli uomini l’obbligo del frac che fino allora usato come abito da giorno quasi d’obbligo sarebbe diventato un abito solo per cerimonie , sostituito per la moda da giorno da completi con pantaloni e giacca che diventeranno la mise maschile in voga ancora oggi.
120 capi: dalla fine del XIX secolo al nostro tempo, per raccontare con una scenografia che esalta due orologi a simboleggiare il “tempo”, una moda che - sotto la guida di Nicolas Guesquière (stilista di Vuitton) - i curatori della Mostra considerano anche nelle “ differenze “ affidate a tagli, tessuti, colori. Non mancano esempi che sottolineano ad esempio quell’irrompere del nero come colore quasi irrinunciabile per la moda maschile all’inizio del Novecento, un colore imposto dall’avvento romantico che travolgeva quel tempo inesorabilmente.
Così, fino all’avvento in Italia della moda fascista che valorizzava le curve femminili in omaggio alla celebrazione della fecondità raccontata da fianchi larghi, opimi, spalle forti, seno abbondante.
“Moda senza tempo” affronta un arco di storia del vestito , iniziando dall’ultimo quarto dell’Ottocento, quando le donne indossavano la crinolina anche per valorizzare la loro figura e renderla quasi temibile: difficile - anche per uomini tosti - attaccare quella fortezza che era una signora in vertugado . Non sappiamo se tante interpretazioni che sono state date a modi e mode siano giustificate o magari eccessive, certo è che un pizzico di sadismo la moda lo ha conservato e lo esalta ancora ai nostri giorni: fino a ieri infatti possiamo dire - visto che oggi si tratta di un trend già quasi superato - la moda esaltava scarpe con tacchi di dodici centimetri che traducevano ogni passo della donna che le calzava in un atto di sfida alla sopravvivenza.
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