La moda per la prossima stagione, Primavera/Estate 2021, nelle proposte presentate dai grandi della Haute Couture, ha parlato, e ha parlato chiaro: forse nessuno come Chanel è riuscito a rendere visibile, inquietante, importante, la presenza del Covid nel nostro universo: puntuale nel calendario parigino delle sfilate d’alta moda per la prossima primavera - estate 2021, il Grand Palais (da anni location privilegiata voluta da Karl Lagerfeld per le presentazioni di moda Chanel) ha aperto - non per il pubblico che solitamente prima di ogni sfilata si assiepava nel piazzale antistante in attesa dell’apertura dei cancelli per entrare o per assistere all’arrivo dei vip di tutto il mondo invitati - ma solo per le cinque invitate dalla Maison ( tra cui Penelope Cruz, Marion Cotillard, Vanessa Paradis). Per loro, all’interno del Palais svuotato di tutto, erano riservate le seggioline collocate a distanza di “sicurezza” sotto la cupola altissima che così sembrava dominare un deserto urbano nel quale, riprese dalle telecamere del video che avrebbe sostituito il mitico defilè, rigorosamente vestite di nero , si perdevano le figurette eleganti di questo “pubblico” inventato per la presentazione dell’alta moda per la prossima estate firmata da Virginie Viard, che dalla morte di Lagerfeld ha in mano le redini della conduzione artistica della griffe. Bellissimi, assolutamente Chanel, interpreti sinceri di una attualità difficile com’è quella che viviamo oggi, i modelli intrisi di “linguaggio Maison”: completi pantaloni e giacchina, pantaloni e blouses importanti, gonne longuette con over debordanti si sono alternati nel Grand Palais trasformato dalla regia dell’evento in deserto urbano, quasi a rappresentare il deserto in cui ci troviamo con il dramma della pandemia. Unico elemento scenografico un immenso tendone “ Tuareg” dal quale uscivano le modelle in abiti che tutte potremmo indossare con aderenza all’attualità, nonché un finale dedicato alla sposa uscita in passerella su un cavallo bianco guidato da un lui in perfetto àplomb da cerimonia, come in tutte le fiabe a lieto fine . Il momento che viviamo non concede molto a leggiadrie o giochi stilistici estremi ma esige un rispetto dell’eleganza sobria, priva di effetti facili o di voli pindarici, caratterizzata da quella cifra del lusso affidato alla realizzazione perfetta, all’interpretazione attualissima di completi in rinnovati e freschi tessuti “classici” Chanel, il bouclè misto seta, i ricami, la figura disegnata senza enfasi ma con grande sicurezza.
Chanel: una scelta intelligente che contrasta con la baldanza - pur di notevole importanza stilistica - di Schiaparelli che , com’è nel suo DNA , osa, inventa, impone, gioca. Bustier di plastica colorati, gonne che volano tra balze vaporose sotto cappotti da città algidi , volutamente asettici, lunghi e chiusi da una lunga fila di bottoni. (Pare che i bottoni - con la moda che indosseremo nella prossima stagione calda - tornino a farla da padroni: ne ha fatto uso abbondante anche Chanel per le giacchine , i soprabiti, i completi con pantaloni da città e giacche bolero su t-shirt di raffinata, aristocratica semplicità).
Surreale, immaginifica, onirica e a suo modo polemica , la scelta di Maria Gazia Chiuri per Dior, suggerita dal regista Matteo Garrone - divenuto ispiratore e sostegno scenografico per la stilista che ha voluto la sfilata - ovviamente non con pubblico in presenza ma ripresa in un video che diventa un film - in un castello abbandonato, nell’area toscana di Sammarzano, famoso per avere offerto nel tempo occasioni di assegnazione alla corrente orientalista dell’architettura. Lo spazio ideale per una sfilata che immette come in un sogno senza tempo, servendosi della guida suggestiva ed esoterica dei Tarocchi che la Chiuri riesce a interpretare con abiti che risultano più che altro costumi che ci trasferiscono con la fantasia nel cuore del Medioevo , il tempo che diede vita a questo gioco delle carte per “conoscersi”. Pare infatti che - tra molte supposizioni sulle origini del nome dato a queste carte , comparse per la prima volta nel XIV secolo, una delle più accreditate sia la parola egiziana taru che significherebbe conoscere, rivelare.
E Dior - con l’intuizione sciamanica di quegli abiti indossati da modelle stupite e curiose, ambientati nelle stanze segrete dai pavimenti alla turca, dagli archi arabeggianti, dai passaggi segreti e misteriosi del “Chateau de Taroc” - sembra voler sottolineare l’inconsistenza di questo nostro tempo, la precarietà, l’incertezza del nostro futuro che - a detta dei due creativi, Chiuri / Garrone - forse solo i Tarocchi potrebbero rivelarci.
Ultimo aggiornamento: 01-02-2021 18:13 © RIPRODUZIONE RISERVATA