Luciana Boccardi
MODI E MODA di
Luciana Boccardi

Un etto, un chilo, un anno in più

Domenica 27 Marzo 2016 di Luciana Boccardi
Da qualche tempo nella moda  - o, meglio ,  nel mondo della moda - andiamo registrando reazioni allarmanti, momenti  di  “pausa” creativa , di bilancio esistenziale, avvertiti  come situazioni incontrollabili:  il ruolo di direttore artistico di una Maison,  massimo punto d’arrivo per uno stilista,  non sembra più essere così ambito visto che  Case di importanza internazionale  registrano  inattese dimissioni, rinuncia di incarichi prestigiosi, battute d’arresto, dichiarazioni di stanchezza  “da ruolo”.  Troppa responsabilità? Troppo carico di lavoro? Forse troppe aspettative?
E’ abbastanza recente l’addio di Raf  Simons  alla Maison Dior dove si era fatto apprezzare anche per aver  segnato un aumento del  18% nel fatturato della Casa. E non si è trattato di un cambio per altra collocazione più vantaggiosa  ma di un addio  - speriamo  temporaneo – alla moda.  Potremmo citarne altri, ultimo in ordine di tempo  Massimo Giornetti  che ha lasciato il Gruppo  Ferragamo  per scelta sabbatica. Lasciano la griffe fondata e diretta con sapienza e amore i fratelli  Capasa di Costume National, anche se la scelta conseguente alla vendita della griffe al mercato giapponese potrebbe  essere   solo un cambio di rotta!  Comunque un addio alla griffe  creata e cresciuta.
Analizzati insieme,  questi  abbandoni  fanno pensare che nel mondo della moda  sia in atto  una saturazione da “consumo”,   un  freno alla creatività che sola consente di conservare l’entusiasmo.
Il mondo della bellezza industrializzata , la “moda”,   così com’è strutturato oggi , sta registrando   dichiarazioni di resa esistenziale che colpiscono i più fragili, i più esposti,  gli  “artisti”  che reggono male i condizionamenti di bilancio, l’imposizione di una “creatività”  a getto con tinuo, ma anche  le stesse modelle, gli indossatori, i  designers  coartati da esigenze consumistiche che tagliano le gambe a qualsiasi  bisogno di volare.  La bellezza  inseguita come punto d’arrivo ineludibile può creare un’ossessione  per  l’aspetto fisico che finisce per tener conto a volte solo della magrezza come  traguardo irrinunciabile  o  per il  trascorrere del tempo inesorabile che segna con l’epiteto infamante di “attempata” una ragazza di  venticinque  anni, incapace di accettare la fine di un momento di gloria affidato a un lavoro muto  ambito da tante e tanti giovani, un  servizio pubblicitario o  una passeggiata di pochi minuti su  una passerella prestigiosa  che la moda sa prospettare come  momento magico salvo defenestrarti  senza  pietà  per un etto, un chilo  o un anno in più.
E’ accaduto  recentemente  alla bellissima   Irina Livshun, indossatrice kazaka di notorietà internazionale che, raggiunta l’età “difficile”  (31 anni!) ha ritenuto il suo corpo ormai inutile , indegno di sopravvivere anche alla morte,  decidendo di suicidarsi  distruggendolo con  il fuoco : l’hanno trovata in casa , carbonizzata.  Tempo fa , Ruslana  Korshunova,  bellissima testimonial di Marc Jacobs e di importanti  griffes,   stanca del  nulla acceso da luci e brillantini della moda,  decideva  di  “cercare la vita”  buttandosi   dal nono piano del suo appartamento di  New York.
E’ di Leopardi  un famoso  “Dialogo tra la moda e la morte”:  il vuoto nella vita è una dimensione pesantissima  che può  non reggere  il peso di un  chilo  o un anno in più, cioè a dire … la vita.
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