Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

David Letterman porta gli U2 al pub:
la magia di “A sort of homecoming”

Giovedì 23 Marzo 2023 di Chiara Pavan
The Edge, David Letterman e Bono nel documentario disponibile su Disney+

C’è la voce pazzesca di Bono che al pub canta “All I want is you”, in mezzo a un sacco di gente con violini, chitarre acustiche, birre e calore umano. C’è The Edge che improvvisa alla chitarra elettrica “Where the street have non name”, canzone simbolo di quel suono unico che tanti hanno cercato di imitare: David Letterman, davanti a lui, sembra avere un tuffo al cuore, e forse anche lo spettatore. «Mi sono chiesto cosa vorrei ascoltare se fossi il pubblico - ricorda The Edge mentre accarezza la chitarra - che cosa mi farebbe impazzire per davvero?». E pazienza se il testo «non è molto ricco» come ribadisce poi Bono, «ma la suggestione che contiene è gigantesca: c’è un posto trascendente dove possiamo andare insieme: volete venire?» Andiamo sì, entriamo nel mondo degli U2 con lo sguardo curioso di David Letterman, il re dei night show made in Usa. “Bono & The Edge: A Sort of Homecoming” il documentario del regista premio Oscar Morgan Neville, disponibile su Disney+, è una emozionante indagine sulla natura degli U2 in grado di cogliere l’essenza della band, il senso del successo e il segreto delle loro canzoni, e nello stesso tempo di svelare la loro Dublino, per capire il tessuto dentro il quale si è generata la loro musica. Il film accompagna l’album “Songs of Surrender”, raccolta di 40 canzoni essenziali provenienti da tutto il catalogo della band, ri-registrate e reimmaginate, che a sua volta si affianca all’autobiografia di Bono, “Surrender: 40 canzoni e una storia” uscita a novembre 2022. Tre operazioni complementari, sia pure molto diverse, che comunque si interrogano sulla “portata” della musica della band irlandese: «Che cosa rimane delle canzoni degli U2 se le spogli di tutto? - si interroga Bono davanti a Letterman - qual è la forza di queste canzoni se togli la potenza di fuoco di una band come gli U2?”.

LA FORZA

La forza c’è, Bono & The Edge lo confermano in quei 90 minuti in cui si raccontano a “his Daveness”: mancano Larry Mullen Jr, in convalescenza dopo l’intervento alla schiena, e Adam Clayton, impegnato in un film d’art, ma il documentario non ne risente, perché Letterman riempie gli spazi vuoti con le sue domande, i suoi sguardi curiosi, le battute e il suo interagire con la città, dentro la quale si muove da turista con piglio divertito, acquistando un’enorme forma di formaggio, chiacchierando con un negoziante di cappelli o con i “coraggiosi” del Forty Foot che nuotano nelle fredde acque del Mare d’Irlanda tutto l’anno. In fondo, “A Sort of Homecoming” non è soltanto un viaggio nell’essenza della band, ma rappresenta anche un diario di viaggio dello stesso Letterman, presenza di peso nel film e testimone dell’operazione con cui la coppia di musicisti spoglia le canzoni degli U2 per vedere l’effetto che fa. E accade all’interno dell’Ambassador Theatre di Dublino che una volta era un ospedale (Bono ci è nato) di fronte a poche centinaia di fortunati e nello storico pub McDaids, in mezzo ad amici e musicisti come Glen Hansard, che confessa: «A 10 anni, nel 1982, andai a un concerto dei Police, ma fui colpito dalla band che apriva il concerto, gli U2. Erano irlandesi, erano di Dublino, diventammo tutti ossessionati». Gli fa eco lo scrittore e giornalista Fintan O’Toole: «Non suonavano come nessun altro, e non solo in Irlanda. Ogni band sembrava mostrare quanto fosse contro qualcosa, gli U2 stavano provando a esprimere qualcosa con la forza della sincerità».

LE RIFLESSIONI

Ecco allora Bono, con strana chioma “cotonata”, e The Edge, con l’immancabile caciotta in testa, che ripensano ai loro inizi, all’esperienza con il gruppo cristiano integralista cui si erano uniti, al bivio davanti al quale avevano dovuto scegliere, smettere di suonare o abbracciare il rock. La via la indicò istintivamente The Edge componendo “Sunday Bloody Sunday”: «Ero di fronte a lui e sentii la sua rabbia interna trasformasi in esterna - confessa Bono - Mi sono detto ecco perché sono in una band». “A Sort of Homecoming” diventa così la storia di un’amicizia profonda che dura da 45 anni, una delle collaborazioni più straordinarie (e infrequenti) nel mondo del rock, e nello stesso tempo è la storia di un paese che è cambiato anche grazie agli U2, passando dalla religiosissima Irlanda in bianco e nero a quella a colori che vota il referendum pro matrimoni gay. Nel film, così, il gruppo sembra spogliarsi dei suoi “fuori scala” per tornare a misura d’uomo, “unplugged”, e non soltanto musicalmente, diventando emozione pura: basta ascoltare “One” solo voce e pianoforte, o “Invisible” con chitarra e violoncello o in mezzo agli amici al bar, con quel potente «there is no them, there’s only us» che sembra quasi un inno. E basta la sola voce di Bono, che vibra e scuote nel profondo, per capire che “A sort of Homecoming” sfugge al documentario tradizionale fatto di materiale d’archivio e testimonianze, per entrare nell’intimo di un gruppo attraverso la sua musica. «Per me scrivere canzoni è come un’operazione chirurgica al cuore», osserva Bono. E i momenti più belli sono proprio le chiacchierate a “cuore aperto”, la voce di Bono senza microfono, l’incontro al pub tra amici, l’omaggio divertito a Letterman “diventato” Forty Foot Man dopo essersi bagnato i piedi nella baia, con tanto di canzone improvvisata che Bono e The Edge gli dedicano durante una delle interviste. Il cuore del film, alla fine, sta nelle parole dell’amico Glen Hansard che, parafrasando il cantante irlandese Frank Harte, sostiene che i vincenti scrivono la storia, mentre i perdenti scrivono canzoni. “A Sort of Homecoming” sembra allora il ritratto di “perdenti” che hanno scritto la storia della musica, sempre decisi a fare i conti con i propri demoni e le proprie contraddizioni scrivendo canzoni.

Ultimo aggiornamento: 17-04-2023 16:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA