Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

I corvi feroci di Marta Cuscunà: il mondo in caduta libera

Giovedì 14 Luglio 2022 di Chiara Pavan
Marta Cuscunà con i suoi corvi meccanici

 Quattro corvi meccanici si stagliano sulla scena illuminata, appollaiati “in cima” a un mondo ormai annientato. La banalità del male nell’occhio freddo delle marionette, e lo sgomento, mai così attuale, di una guerra che tutto distrugge, lasciando solo morti sul campo. Nel “canto della caduta” di Marta Cuscunà non c’è spazio per la pietà: la drammaturga e gran “burattinaia” friulana, applauditissima  al Comunale di Treviso ospite del festival di teatro contemporaneo “GioiosaEtAmorosa”, si affida all’antico mito ladino di Fanes, che racconta la fine del regno pacifico delle donne e l’inizio dell’orrore del potere maschile, per narrare la perdita di orientamento del nostro tempo. E il disturbante smarrimento davanti a quello che accade oggi, quando «il sacrilegio del sacrificio dei figli» e «la scia di morti» che gli uomini lasciano dietro di sè «vengono spacciati come parte dell’umanità», mentre invece è la «menzogna più grossolana».

 

LO SGUARDO

Proseguendo idealmente la riflessione sulle “resistenze femminili” (“È bello vivere liberi”, “La semplicità ingannata” e “Sorry Boys”), esplorate sempre attraverso pupazzi e teatro di figura, Cuscunà stavolta osserva senza pietà la “caduta” dell’uomo attraverso voci, movimenti e la ferocia di quattro corvi meccanici che incombono dall’alto - progettati da Paola Villani e manovrati grazie a joystick -, e le parole disperate dei puppet dei bambini-topi a grandezza naturale (disegnati da Herakut, duo tedesco di street artist) che affiorano dal buio della terra in cerca di luce. I primi, sorta di coro della tragedia greca, scrutano con freddo cinismo gli eventi della battaglia, i secondi, ultimi superstiti di un popolo destinato a sparire, faticano a sopravvivere sognando il ritorno del «regno della pace».

I MONDI

Tra i due mondi, scenograficamente posti l’uno sopra l’altro con una suggestiva impalcatura di cavi d’acciaio che si illuminano, Cuscunà colloca un grande schermo che occupa il cuore del palco, sul quale scorrono immagini che rimandano a montagne, terre preistoriche, stralci di dialoghi di una guerra che non finisce mai, i mezzo a suoni sinistri e bagliori che catapultano lo spettatore dentro i rumori della guerra. L’artista si muove fluidamente tra i piani, fondendo la narrazione tra vocalità e gesti, manovrando i corvi che parlano, becchettano e bisticciano mentre i “bimbi-topo” sotto terra si disperano in cerca di una vita diversa. Ma non c’è via d’uscita davanti al male che incombe, e i corvi che si nutrono di cadaveri lo sanno perfettamente: «Gli uomini continueranno a sterminarsi, non si salverà nessuno». 

Ultimo aggiornamento: 15:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA