Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

Paolini, dagli “Antenati ai figli” il lungo il filo dell’evoluzione

Domenica 23 Gennaio 2022 di Chiara Pavan
Marco Paolini ha chiuso il suo progetto tv "La Fabbrica del mondo"

C’è un lungo filo di storie, memorie e pensieri, ma anche di filamenti di dna che legano l’uomo di oggi al suo antenato “Adamo Y”, «perché l’evoluzione è una geografia, e noi siamo i fili, e non i dati» di questo racconto. Marco Paolini chiude la sua “Fabbrica del mondo” su Raitre con una puntata, la terza, che si collega alle due precedenti proprio sul “filo” di un mondo da proteggere e riassestare. Ora si tratta di filo “genetico”, fatto di dna, di geni, di “filamenti” cellulari, ma anche di un filo evolutivo che dal passato spinge verso un futuro quanto mai incerto e problematico. Nell’ultimo capitolo, che punta ad avviare un costante “lavoro di manutenzione” sulla Fabbrica del mondo, il narratore, affiancato dallo scienziato Telmo Pievani e dal coro di corvi meccanici di Marta Cuscunà, si muove lungo il filo dell’evoluzione umana, «che non è stata una scala - osserva Pievani- ma un cespuglio ramificato con tante forme diverse in ogni fase storica».

IL LEGAME

Dal filo che ancora si tesse alla Marzotto di Valdagno, la fabbrica che ha ospitato l’innovativo progetto televisivo del narratore veneto, Paolini arriva al filo del lavoro a maglia, «antica tecnologia che ci ha permesso di nutrirci e scaldarci», raccontato, ferri alla mano, dall’esperta di economia Loretta Napoleoni. Ma c’è anche il filo che gli è più congeniale, quello dello “story telling”, così rivoluzionario sin dalla notte dei tempi, così potente nella sua capacità di raccontare mondi, storie, bellezze e storture. Lo conferma l’economista italo-americana Mariana Mazzucato che però avverte: «Il cambiamento climatico ci sta dicendo che abbiamo pochissimo tempo, presto non ci sarà più scelta».

IL TEMA

Paolini si mette allora alla ricerca del filo che da “Antenati e figli”, questo il titolo della puntata, ci porta a riflettere su ciò che stiamo lasciando alle giovani generazioni. Punto di partenza, infatti, è la «transizione ecologica» che, come avverte Pievani «non sarà facile». Perché tocca troppi interessi. Nell’ipocrisia di tante aziende, sottolinea il celebre linguista Noam Chomsky, che usano «l’ecologismo di facciata. Ma chiunque legga, sa che le cose sono peggio di quanto si pensi. Non c’è un pianeta B, se distruggiamo questo non c’è via d’uscita». Lo sforzo di capire, intervenire e di impegnarsi riguarda tutti quanti. Usando meglio la tecnologia.

LA TECNOLOGIA

Una tecnologia che non serva soltanto a trasformarci in consumatori compulsivi, come quel magico “totem” che sputa salse e patatine in area di servizio. Paolini ci scherza su, «tra un po’ quel totem sarà pieno di dati su di noi, saprà esattamente qual è la salsa giusta per ciascuno di noi. E noi? .... che faremo? Ci abitueremo». Ma è un bene? Indi, «davanti alla sbarra del telepass: fiducia o speranza?». È questa l’evoluzione? L’artista prova così a convocare tutti i suoi antenati, li immagina arrivare a migliaia, come una lunga storia che si ripete di generazione in generazione. Dal nonno che amava accatastare “roba” in soffitta «perché non si sa mai» fino all’”Adamo Y” che ha dato vita all’intero gruppo, così giovane rispetto al nipote di oggi, ma così implacabile nell’osservare un presente che neanche gli appartiene più. «Avete creato tanto, sapete tante più cose, vivete tanto più a lungo, eppure siete più incerti. Se non siete capaci di fare niente per salvare il pianeta, toglietevi da piedi e lasciate fare ai vostri figli, lasciateli orfani». Ridacchiano i corvi meccanici di Marta Cuscunà, «guarda, vengono a salvare la terra vestiti da pulcini!», ma i pulcini non possono farcela da soli, «mai fare i guastafeste nella stanza del re. Solo i topi sopravvivono a qualsiasi crisi climatica».

GLI SPOSTAMENTI

Eppure, se la nostra storia di esseri umani ha sempre seguito il filo degli spostamenti, delle migrazioni, di invasioni e sparizioni, dovremmo renderci conto che «non sino siamo il fine nè la fine di questa storia - chiude Paolini - Siamo solo i fili, non i dati. Questa storia non la metto nella nuvola, ma la tengo bassa, ad altezza “uomo”». Per ricordarci chi siamo, la nostra meraviglia, «quante cose imperfette abbiamo creato solo perché danno gusto». E «siamo così imperfetti che ne creeremo altre e altre ancora». L’invito è ad affidarsi a Noè, manutentore della terra innamorato di Gaia, misteriosa figura femminile che incarna il pianeta (Saba Anglana), e danzare con lei sul tetto del mondo. Per diventare tutti “manutentori”. Pronti a fare la nostra parte, «con le buone o le cattive».

Ultimo aggiornamento: 14:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA