Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

"Better call Soul", la seduzione del male

Domenica 28 Agosto 2022 di Chiara Pavan
BETTER CALL SOUL Il magnifico Bob Odenkirk protagonista dello spin off di "Breaking Bad"

Quella sigaretta fumata in silenzio l’uno accanto all’altro, in prigione, in un bianco e nero così geometrico e luminoso da sembrare quasi un happy end, racchiude tutta l’essenza di Soul Goodman. Davanti all’amore della sua vita, Kim Wexler, l’avvocato spregiudicato di “Breaking Bad” ritrova, forse, la propria umanità smarrita: una sigaretta insieme sotto il cielo terso di Albuquerque, 63 episodi fa, sancì il loro legame portandoli dove magari non avrebbero voluto. E un’altra sigaretta insieme, nel gran finale, per unirli e poi separarli davanti agli 86 anni dietro le sbarre che aspettano Soul.

L’ADDIO

Il meraviglioso Bob Odenkirk abbandona il personaggio che ci ha accompagnato sin da “Breaking Bad”, in uno dei più riusciti spin off della storia del piccolo schermo che, come lo show “madre”, è stato in grado di ridefinire i confini della serialità televisiva. Uno e trino, il protagonista di “Better Call Soul” ha attraversato sei stagioni muovendosi avanti e indietro nel tempo, cambiando volto, abiti e persino stile “visivo”, trasformandosi dal composto e gentile Jimmy McGill nell’eccentrico e geniale “avvocato del male” Soul, a sua volta costretto, alla fine, a dare spazio al grigio Gene Takavic, manager annoiato di un fast food in un presente in bianco e nero dilatato e ripetitivo.

L’ARCO NARRATIVO

Con “Soul Gone”, episodio finale di “Better Call Soul”, si chiude l’arco narrativo del protagonista, allargando lo sguardo a tutto l’impianto concettuale e filosofico sotteso all’opera firmata dall’autore Vince Gilligan, lo stesso di “Breaking bad”, insieme a Peter Gould. Un percorso che scruta in profondità nell’anima e nelle vicende dell’avvocato truffatore e dalla parlantina facile di “Breaking Bad”, profondamente colluso con il mondo nel quale si muovevano il Walter White di Byran Cranston e il Jesse Pinkman di Aaron Paul, tra narcotraffico, sicari feroci, riciclaggio, omicidi e letali signori della droga. Gilligan e Gould disegnano l’ascesa e la caduta di Soul Goodman con cura maniacale per i dettagli narrativi e visivi, costruendo una scatola drammaturgica che custodisce un piccolo universo di storie, di scelte, svolte e riflessioni. Perché capire cosa ha trasformato Jimmy McGill in Soul Goodman e poi in Gene Takavic, tra flashforward in bianco e nero e flashback a colori, guida lo spettatore nelle grandi domande al centro delle due serie: quanto conta il contesto in cui si nasce e si cresce, epoca compresa, e quanto pesano le opportunità che vengono offerte rispetto alle caratteristiche di una persona?

IL CAMBIAMENTO

Nel suo lungo percorso, “Better call Soul” ha così visto un amorevole Jimmy Mc Gill tentare invano di “comportarsi” bene, finendo però sempre a terra: eccolo mentre cerca invano di farsi amare dal fratello maggiore Chuck (Michael McKean), luminare del diritto dal cuore arido che vede Jimmy non degno dedicarsi alla Legge. E poi lo studio legale guidato da Howard Hamlin (Patrick Fabian) in cui Jimmy vuole disperatamente inserirsi, ma che istintivamente lo respinge, quasi intuendo l’altra natura “latente”. Quell’anima truffaldina che, emergendo un po’ alla volta episodio dopo episodio, porta Jimmy dar vita a quella creatura colorata, avida, anticonformista e cinica di Soul Goodman, l’”uomo buono” sempre pronto ad “aiutare” il prossimo con tutti i mezzi possibili, raggiri compresi. Soul vive, cresce e si nutre di imbrogli e idee spericolate, usando la legge per adattarla al proprio tornaconto. Un talento naturale che per un po’ scatena l’adrenalina anche dentro l’amata Kim (Rhea Seehorn), spinta a osare fin dove mai avrebbe pensato. Ma a differenza di Soul, Kim sa perfettamente dove fermarsi. E perchè. Soul non ce la fa, neppure davanti ai cadaveri. E quando perde Kim, Soul “prospera” senza più freni, divorato dalla propria onnipotenza, ostaggio di una maschera che si prende sempre più spazio, incontrollabile, seduttiva e sfrontata. Persino quando Soul diventa Gene e si rifugia nell’anonimo mall di Omaha per sfuggire alla polizia, la personalità dominante resta sempre quella “oscura”.

MACCHINA DEL TEMPO

Ed è proprio nell’ultima puntata, nel paradosso della macchina del tempo mutuato dalle lettura del libro di Chuck, che la parabola di Jimmy si perfeziona in un gioco sottile con lo spettatore, messo davanti alle proprie scelte. Soul ha sempre scelto il denaro come metro di misura della propria intelligenza, del proprio valore. Il perfetto sogno americano che poi però si sfalda davanti a Kim, la coscienza, o meglio l’umanità, sepolta dentro il cinismo. Ma a Gillian & Gould non interessa il classico happy end. E non a caso concludono la serie lasciando Soul libero di scorrazzare nel cuore di Jimmy, anche in prigione. Salutando Kim che lascia il carcere, la doppia anima del personaggio sembra aver trovato un proprio equilibrio. Basta solo guizzo nello sguardo del bravissimo Odenkirk per costringerci a guardare dentro di noi, dove bene e male restano in eterno conflitto, tra confini che di volta in volta siamo costretti a ridefinire. Anche controvoglia. Una grande lezione di vita.

Ultimo aggiornamento: 22:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA