«Il mammut contro il riscaldamento globale». E i genetisti lo ricreano in laboratorio

«Lo facciamo per combattere il cambiamento climatico»

Domenica 4 Aprile 2021 di Renato Paone
«Il mammut salverà la Terra». E i genetisti lo ricreano in laboratorio per combattere il riscaldamento globale

Mastodontici mammut ricreati in laboratorio che vagano per le lande siberiane, così come accadeva 10mila anni fa. Non è la sinossi del nuovo capitolo della saga di Jurassic Park, bensì lo studio che sta portando avanti un gruppo di scienziati per contrastare il cambiamento climatico e salvare il pianeta. Gli scienziati che stanno lavorando al progetto credono che il lanoso mammifero potrebbe essere la chiave di volta nella lotta al surriscaldamento della Terra, allontanando il rischio dello scioglimento del permafrost (lo strato di ghiaccio polare permanente), preservando la vegetazione della tundra artica e bloccando così il rilascio dei gas serra nell'aria.
I mammut, infatti, nel corso delle loro migrazioni, che coprivano un territorio molto vasto che andava dalla Francia al Canada e dalle isole artiche fino alla Cina, tenevano sotto controllo il proliferare di piante e alberi. Dopo la loro estinzione, la vegetazione si è invece impossessata di quella parte di mondo, causando un innalzamento della temperatura terrestre. Riportandoli in vita, stando alle parole degli scienziati, al lavoro sul progetto già dall'ormai lontano 1996, i mammut porterebbero nuovamente equilibrio all'interno dell'ecosistema perché in inverno l'erba e la neve calpestata dagli animali offrirebbero scarso isolamento rispetto alle piante e porterebbero il ghiaccio stagionale a penetrare più a fondo, permettendo il congelamento del suolo e una minore emissione di gas serra.

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PLEISTOCENE PARK


Il geofisico russo Sergej Zimov, fondatore del Pleistocene Park in Siberia, che oggi ospita già 100 diverse specie tra renne, cavalli, yak, bisonti e bue muschiato, è convinto della buona riuscita del progetto: «Incrementando per un lungo periodo di tempo il numero di questi animali sarà possibile riportare l'ecosistema della zona al suo stato originario.

Ed è per questo che stiamo facendo di tutto affinché questi possano vivere e riprodursi in totale tranquillità». A queste specie, però, dovrebbe aggiungersi il mammut: «Pensiamo - ha dichiarato Zimov ai microfoni della Bbc - che il mammut potrebbe essere un valore aggiunto per la rinascita di questo ecosistema. Ad esempio, i bisonti sono molto utili perché mangiano gli arbusti, le piccole piante e la corteccia degli alberi. Ma i mammut avrebbero un impatto maggiore, perché sono come dei bulldozer a quattro zampe».

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I COSTI


Riportare in vita i mammut, stando a una prima stima, costerebbe circa sei milioni di dollari: prima bisognerà estrapolare il Dna del mammifero per poi creare un embrione; quest'ultimo sarà impiantato nell'utero di un elefante asiatico, ritenuto dagli scienziati il più compatibile con solo 44 differenze genetiche; dopo 22 mesi di gestazione nascerà un piccolo esemplare di Mammuthus primigenius.
Per ripopolare la steppa, però, servirebbero circa 80mila mammut e, anche se l'operazione genetica andasse a buon fine, non ci sarebbero abbastanza madri surrogate, dato che gli stessi elefanti asiatici sono in via di estinzione e solo 17mila esemplari femmine sono ancora disponibili.
L'alternativa, ma questa ipotesi sconfina più nella fantascienza, è avvalersi di un utero artificiale che però non è ancora stato testato se non sui topi e con risultati non del tutto soddisfacenti. George Church, genetista che, nel 2015, con il suo team nei laboratori del centro Revive and Restore ha combinato il Dna di un mammut lanoso con il genoma dell'elefante, è speranzoso: «Una volta che questo sistema funzionerà per i topi, proveremo a sperimentarlo su animali di taglia più grande».

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Ultimo aggiornamento: 17:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA