Leoni a rischio estinzione, cresce il lo scandalo degli allevamenti per soddisfare i ricchi cacciatori

Giovedì 23 Agosto 2018 di Remo Sabatini
Caccia al leone
1
Soltanto pochi giorni fa, si è celebrata la Giornata del Leone in tutto il mondo. Sebbene non ci fosse stato granchè da festeggiare e visti i numeri che, anche in questo caso, parlano chiaro. Sono, infatti, solo 20.000 i leoni rimasti ed il declino del re della savana, sembra inarrestabile con oltre il 40% di esemplari in meno rispetto al 1994. Così, gli ultimi rappresentanti di quell’Africa selvaggia raccontata dai documentari, ormai relegata in qualche area ristretta sparsa qua e là, sono sempre più difficili da osservare liberi.

Tanto che qualcuno, ha deciso di allevarli. Contrariamente a quanto si possa pensare, però, questo tipo di allevamento ha poco o nulla a che fare con la conservazione, anzi. Profitto e traffici particolari sono divenuti il segno distintivo di queste attività, incredibilmente e assolutamente, legali. I leoni, infatti, vengono allevati in molte riserve nel sud del continente africano, soprattutto in Botswana e Sud Africa. Quest’ultimo Paese, noto per le ricchezze naturali e gli insegnamenti dedicati anche alla natura, dell’indimenticato Nelson Mandela, è tornato alla ribalta delle cronache per le posizioni assunte dal Governo in merito alla questione. Un mercato, quello di questo tipo di allevamento, che fa girare parecchio denaro e tuonare le doppiette imbracciate da cacciatori di trofei che arrivano da mezzo mondo.

Distese enormi in mezzo al nulla, con recinzioni impossibili da superare. Cibo scarso e condizioni di vita difficili. Questi, i nuovi lager dove vivono migliaia di leoni, leonesse, piccoli. Tutti, al servizio del portafoglio del cliente di turno. Così, se da cuccioli inteneriscono e vengono usati per intrattenere i turisti, una volta cresciuti e abituati all’uomo, diventano ideali compagni per una passeggiata nella savana. Ecco, la vita di quei cuccioli, finisce qui. Sì, perché una volta adulti, quindi potenzialmente pericolosi, di quei leoni non vorrà saperne più nessuno. O meglio, quasi nessuno. Perché allora, messi in mostra in recinti, se possibile più squallidi di quelli dove erano nati e avevano vissuto, a qualcuno interesseranno ancora. Carichi di dollari e con il colpo in canna, arriveranno i cacciatori. L’occasione di sparare ad un grosso leone, seppure mezzo rimbambito e incapace di riconoscere un pericolo vero, non capita certo tutti i giorni. Così come la fotografia di rito da pubblicare sui social con il fucile ancora fumante.

Dati recenti, raccolti da organizzazioni indipendenti, indicano in circa 8.000 i leoni che vivono negli allevamenti in Sud Africa, contro i 1.400/1.700 ancora liberi. In quei centri, è inoltre consentito uccidere fino a 1500 esemplari l’anno. Che fine fanno i trofei? Sono finiti i tempi degli studi odontoiatrici o legali, dove si potevano trovare appese, teste di leone o “cimeli” animali di dubbia provenienza.

Nonostante qualche fatto di cronaca, anche recente, questa pratica barbara e modaiola non sembra più molto in voga anche grazie a chi, quelle foto pubblicate sui social, le ha viste. Così, quel mercato di teste, zampe, code e persino scheletri, ha preso la via dell’Oriente dove, invece, l’apprezzamento per questo genere di cose, è alto. Spesso spacciate per parti di tigre, quelle ossa, saranno l’ingrediente principale di medicamenti e pozioni degne del miglior stregone d’altri tempi. Di quei tempi passati che, almeno per il leone però, sembrano non essere mai trascorsi.
Ultimo aggiornamento: 19:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
Potrebbe interessarti anche
caricamento

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci