Cani da tartufo, la strage: cuccioli vittime di esche avvelenate, l’obiettivo è eliminare i concorrenti

Gli ultimi due casi in val dell’Aniene, l’annata scarsa fa crescere le tensioni

Martedì 10 Gennaio 2023 di Emiliano Bernardini e Antonio Scattoni
Cani da tartufo, la strage: cuccioli vittime di esche avvelenate, l’obiettivo è eliminare i concorrenti

C’è una guerra che si combatte all’ombra di faggi e querce secolari. Una guerra fatta di tante piccole battaglie e che si estende in quasi ogni regione d’Italia. Dalle Langhe alle Crete Senesi, da Acqualagna all’Umbria, passando per i Monti Simbruini. È la guerra del tartufo, che finisce per innescare una strage di animali. Raccoglitori che avvelenano i cani dei concorrenti, ma anche minacce e alberi danneggiati.

Un Far West che ha l’obiettivo di accaparrarsi il gioiello dei boschi, sempre più richiesto dagli chef europei. Insomma si combatte senza esclusione di colpi: non si fanno prigionieri e non esiste alcuna convenzione di salvaguardia per chi combatte. Anche perché a morire sono esclusivamente i cani. Cuccioli preziosi (in media possono arrivare a costare anche 2,500 euro), addestrati per anni a scovare quel tubero che, specie in alcune annate, vale quanto l’oro. E questa è proprio una di quelle, perché il tartufo in questi mesi non si fa vedere. 

Annata di crisi

Per colpa del grande caldo e dell’estrema siccità, è un’annata povera e difficile per i tartufi: alta qualità ma scarsa quantità. E di conseguenza i prezzi sono già altissimi. Le quotazioni di queste settimane oscillano, tra i 5 mila e i 6 mila euro al chilogrammo. Prezzi alti che hanno innescato le tensioni dei cercatori. E sul campo si mietono vittime. Le ultime due, in ordine di tempo, si registrano nel territorio del Comune di Camerata, nella zona di Campo Secco (al confine tra Lazio e Abruzzo), un’area particolarmente ricca di tartufi, compreso quello uncinato, uno dei più richiesti dal mercato. Il primo a morire, per via di alcune esche avvelenate è stato Brando, un labrador di un anno e mezzo, crollato proprio davanti alla caserma dei carabinieri di Camerata, dopo una disperata e inutile corsa per salvarlo. Stessa sorte per Thor un lagotto di 3 anni e mezzo, morto sull’auto del proprietario che cercava di raggiungere l’ambulatorio di un veterinario. Durissima la condanna dell’Assotartufai: «Dietro questa vicenda c’è la guerra per il mercato del tartufo: l’uncinato può costare anche 700 euro al chilo - racconta Stefano Scaccia- Qualcuno vuole che nella grande tartufaia dei Simbruini vadano pochissime persone, è assurdo». Ma nel territorio della Valle dell’Aniene non è il primo caso, visto che nel 2019 altri due cani da tartufo vennero uccisi e anche allora nella zona di Camerata. Ma basta fare un ricerca su internet per scoprire quanti cani muoiono ogni anno. L’avvelenamento dei cani altrui è sintomatico delle annate sempre più magre causa la raccolta indiscriminata e troppo libera. 

Le poche regole

È proprio nelle annate di carenza che il cane migliore fa valere la sua importanza, perché, ancora oggi, è proprio lui l’artefice del guadagno. L’addestramento è lungo e viene considerato una vera e propria arte che si tramanda di padre in figlio e, proprio per questo, un cane da tartufo ben addestrato ha un valore quasi inestimabile. Oltre alle faide tra famiglie ci sono anche i bracconieri disposti a tutto pur di racimolare 50 euro al chilo sul mercato nero. «Molti degli avvelenamenti riguardano proprio questa faida tra tartufai. Ma spesso a rimanere vittima di queste esche sono anche volpi e lupi. I bocconi solitamente sono preparati con lumachicidi o addirittura stricnina e vengono resi appetibili nascondendoli nel cibo. Il problema è che le tartufaie sono molto preziose e quindi si cerca in ogni modo di colpire gli avversari. I veleni di altissima potenza possono essere acquistati in un supermarket come al locale consorzio agrario, in latte da un litro che bastano a ucciderne centinaia. Il nostro lavoro è proprio quello di battere certe zone per evitare che accadano episodi simili», racconta Marco Mencucci comandate del Parco delle Foreste casentinesi. I bocconi avvelenati solitamente sono di una certa consistenza e per questo la morte arriva in pochissimo tempo tra dolori atroci e ogni tentativo di salvataggio diventa, quasi sempre, inutile.

Ultimo aggiornamento: 23:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA