Zio e nipote morti nello schianto sul Gran Sasso, parla la sopravvissuta: «Per ore aggrappata alla roccia, ho perso l'amore della mia vita»

Maria Cristina Vicenzi: «Il mio Giorgio non guidava, al volante c'era Andrea, ha preso una buca e siamo rotolati nel burrone»

Sabato 18 Marzo 2023 di Teodora Poeta
Maria Cristina Vicenzi e l'avvocato Patella. Zio e nipote deceduti nello schianto, parla la sopravvissuta: «Per ore aggrappata alla roccia, ricordo il senso di morte»

«Ho perso l’amore della mia vita, Giorgio, con lui c’eravamo scelti. Quando ci siamo incontrati la prima volta in un bar è stato un colpo di fulmine, da cinque anni eravamo una famiglia. Ora sono disperata, di quella notte ricordo fortissimo il senso di morte che ancora non mi abbandona. Mi vedo su quella roccia, aggrappata per ore, disperata e sanguinante, in attesa dei soccorsi».

A parlare è Maria Cristina Vicenzi, 52 anni compiuti mercoledì scorso, tornata a vivere con una delle sue due figlie a Montorio al Vomano, in provincia di Teramo, dopo essere sopravvissuta al drammatico incidente stradale lungo la strada fatta di tornanti che porta da Pietracamela a Prati di Tivo dove sono deceduti il suo compagno Giorgio Bellachioma, 43 anni, e il nipote dell’uomo Andrea Cecca, 28, entrambi originari di Villanova di Guidonia.

Insieme a Cristina è sopravvissuta anche la fidanzata di Andrea, Giulia, 22 anni, che dopo essere stata operata all’ospedale di Teramo per la frattura del femore, è tornata a Guidonia, dove abita, anche lei oppressa da un profondo dolore.

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LE URLA DISPERATE

Di quel tragico sabato 4 marzo ricorda tutto. «Nella mia mente ci sono le urla di tutti mentre l’auto si ribaltava 7 o forse 8 volte – racconta avvolta nel suo scialle, mentre è seduta su una sedia a rotelle con una gamba immobilizzata dal gesso - Ho pregato, ma per me in quel momento la grazia sarebbe stata morire». Lei si è salvata ed è riuscita a salvare Giulia e a dare l’allarme. Ciò che vuole subito mettere in chiaro è che al volante dell’auto - una Jeep Renegade - c’era Andrea e non il suo Giorgio, una verità che è stata scoperta solo il giorno dopo. «Giorgio aveva guidato all’andata, poi ha voluto prendere la macchina Andrea, che nel 2014 aveva avuto un brutto incidente stradale, aveva riportato gravi lesioni che lo avevano costretto sulla sedia a rotelle e ora per camminare si aiutava con il deambulatore. Nonostante la sua disabilità era in grado di guidare, aveva la patente, la nostra auto aveva il cambio automatico e non era difficile da portare. Si è messo al volante, io e Giulia eravamo sedute dietro, c’era tanta nebbia fuori. Mi ricordo pure che Giorgio ha detto: “Attento Andrea qui è pieno di buche”. All’improvviso ne abbiamo presa una che ha fatto perdere il controllo del mezzo».

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IL BURRONE

È stato a quel punto che l’auto è volata giù nella scarpata per 50 metri. «Quando si è fermata su un lato, stavano tutti su di me. Ma appena sono riuscita a dare un pugno al vetro è esploso. Io e Giulia siamo schizzate fuori dall’abitacolo, ma a quel punto l’auto ha ripreso la corsa verso il basso». Poi è successo qualcosa di inimmaginabile. «A salvarmi la vita è stato un anello che mi aveva regalato mio padre tanti anni fa». Proprio così. Cristina cinque ore, il tempo trascorso fino all’arrivo dei soccorsi, le ha trascorse aggrappata alla rete metallica che in quelle strade si trovano e servono per evitare le frane agganciata con un robusto anello che porta da sempre al dito medio. Un anello largo più di un centimetro con diamanti e uno smeraldo al centro che non ha riportato neanche un graffio e adesso tiene stretto a sé.

«Tutti i lividi sulle mie braccia sono scomparsi. Le ferite vere sono altrove». Il suo pensiero torna costantemente a quegli attimi. «Quando ero lì e pregavo, se non avessi sentito un messaggio arrivare sul cellulare di Giorgio non mi sarei mai accorta che stava lì». E così, a quel punto, si è fatta forza e nonostante la gamba rotta è riuscita a percorrere circa sette metri per raggiunge il cellulare e chiamare i soccorsi. Il cellulare, misteriosamente, non si era rotto, funzionava. Oggi il suo più grande rammarico è di non aver potuto partecipare al funerale del grande amore della sua vita. L’uomo con il quale aveva deciso di trascorrere il resto dei suoi giorni e con il quale viveva a Poggio Umbricchio, frazione di Crognaleto. Mentre parla guarda e riguarda i video insieme a lui e le loro foto. «Io e Giorgio abbiamo vissuto in simbiosi, non ci mancava niente. Ha voluto bene alle mie figlie e adesso mi manca tutto di lui. Una volta mi aveva espresso il desiderio di essere cremato e conservare metà delle sue ceneri con me, ma pure questo non è stato possibile». Con lei c’è l’avvocato Franco Patella che ha avuto il mandato di seguire le questioni legali.
 

Ultimo aggiornamento: 14:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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